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BeccaBenny
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Inserito il - 31/05/2004 : 21:17:59
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Nell´Ottocento le persone di buon senso pensavano che i romanzi fossero pericolosi .
Non ho alcun dubbio che il piacere di leggere, il piacere del libro, perfino la cultura del libro, tutto questo sia fortissimamente legato a una sconfitta. A un ferita e a una sconfitta. Sui libri, non ho dubbi. Su musica, teatro, cinema, può essere più problematico. Leggere è sempre la rivalsa di qualcuno che dalla vita è stato offeso, ferito. Mi sembra un intelligentissimo modo di perdere, leggere libri. Collegato a una specie di rinuncia a combattere sul campo. Comunque me la rigiro, continuo a pensare che alla fine sia così. Non so se questo ha a che fare con la "umanità offesa" di cui scriveva Adorno. So che la umanità dei libri è perlopiù una umanità sofferta. C´è una tendenza a essere ingoiati da questa vertigine. Ed è veramente pericoloso. Quello che pensavano del romanzo nell'Ottocento le persone di buon senso, e cioè che era pericoloso, è vero: ed è bene che sia visto così proprio all'origine dell'oggetto romanzo. L´avevano capito subito. I medici che sconsigliavano alle mogli la lettura dei romanzi, nella purezza del momento aurorale di quell'oggetto - il romanzo - capivano una cosa che a noi oggi sembra ridicola. Ma era vera allora e rimane qualcosa che ha a che vedere anche oggi con l´esperienza del leggere. Per essere molto pratico, io li vedo questi sedicenni in giro, che hanno letto tutti i miei libri, oppure molto Kafka o molto Dostoevskij. Li vedo. E quando mi chiedono che cosa devono fare, solo una cosa mi viene in mente di dirgli: andate a giocare al pallone, buttate via i libri, girate. Tagliatevi i capelli. Fatevi i capelli verdi. Fate qualcosa. Cercate di stare nel, nel. Non fuori. Nel. Dopodiché tornate ai libri, per carità, ma non fatevi ingoiare.
[...] Se penso ai ragazzi di oggi, a ciò che leggono o non leggono, e se dalla nostra esperienza di Totem possa venirne una qualche minima luce su questo, mi vengono in mente alcune cose. Prima di tutto ci vuole una grande disponibilità da parte nostra a capire che la geografia del senso di questi ragazzi sarà oggettivamente diversa dalla nostra. E non per un processo di "volgarizzazione" o "degrado" di ciò che è nobile. Assolutamente. Sarà nobile come la nostra, ma sarà diversa. E non si può pretendere che i Quartetti di Beethoven coprano, nella geografia dell'intelligenza di questi ragazzi, la stessa parte che hanno coperto nella geografia dell'intelligenza nostra. E non per un processo di degrado, appunto. No. Semplicemente perché la geografia cambia. Se noi, ogni volta che si perde un pezzo della geografia che ci ha generato, ci mettiamo a pensare che questa è una perdita secca del mondo, se noi dovessimo essere così idioti da pensare questo in maniera aprioristica e dogmatica, non si aprirà mai un dialogo con questi ragazzi. Noi dobbiamo capire che la loro geografia sarà altrettanto nobile della nostra, e perfino potrebbe essere più nobile, e che non avrà alcuni capisaldi della nostra. Dove da noi c´era un porto, o un fiume che faceva quell'ansa, da loro non c´è niente. Hanno raso al suolo tutto e c´è un grande parcheggio. E noi dovremmo avere la grande, immensa intelligenza di non sdegnarci perché c´è un parcheggio dove c´era un fiume, ma di capire tutta la geografia. E di pensare - quasi come un articolo di fede - che la nostra geografia sarà nobile come la nostra. Perché di fatto è così.
Perché alla fine, negli ultimi Quartetti, Beethoven che cosa criticava? Era mondo in movimento. Poi, la forma in cui il mondo si mette in movimento, non sta a noi sceglierla. L´unica cosa che noi dovremmo odiare, è l´immobilità. Perché quella è la morte, è la dittatura, è il mondo in pausa. Ma se il mondo comincia a vibrare, bisogna poi, di volta in volta, capire la forma di questa vibrazione. Ma non potrà essere sempre la stessa.
Il problema della lettura alla fine è questo. Se noi partiamo dal presupposto che ogni ragazzo che non legge è una perdita secca della civiltà, partiamo da un presupposto sbagliato. Stupido. Perché non è affatto detto che, tra centocinquant´anni, la lettura sia il modo, la forma più adatta a creare il senso, a cogliere la vitalità del reale.
Ma questo vuol dire che non si può far nulla, che noi non possiamo far nulla, per trasmettere a un ragazzo giovane il senso di ciò che per noi è nobile? Niente affatto. Possiamo evitare i dogmi. Niente è grande se tu non riesci a spiegare il perché. Se i Quartetti di Beethoven sono grandi perché sono i Quartetti di Beethoven, e tu non parti da zero, non li sai spiegare, quella grandezza è finita. Diventa solo un´imposizione, alla quale giustamente un ragazzo si ribella. I ragazzi che si ribellano alla lettura unicamente perché gli viene data come un valore inspiegato, perché è meglio che giocare alla Playstation, ma qualcuno gliel´ha mai spiegato perché è meglio, in maniera convincente? A parte che si tratta evidentemente di una questione aperta - non sappiamo ancora bene che cosa succede in quel nuovo mondo di mondi visivi, sensibilità, velocità diverse dalle nostre - ecco, quei ragazzi vivono questa come una aggressione ai loro valori. Il libro contro il videogioco, da quel momento in poi davvero contrapposti.
Allora o sei in grado di spiegarglielo, oppure stai facendo un tipo di gesto che li allontanerà. La sfida è, invece, che a uno che sta giocando con la Playstation tu racconti il Cyrano, e lui d´improvviso ti stia ad ascoltare. Ma non posso dirgli: vai a teatro! Magari a vedere un Cyrano di Bergerac dottissimo - e noiosissimo. Così ce li giochiamo tutti, uno dopo l´altro! Questo ci spetta fare. Ci aiuterà anche a capire che cosa è ancora vivo e che cosa è morto.
Quando poi alla fine io non riesco a spiegare veramente ai ragazzi, alla scuola Holden, perché secondo me L´uomo senza qualità di Musil è un libro da leggere, quando avverto che fatico sempre di più, che sono sempre meno credibile, e che non li convinco, non vuol dire solo che io non sono abbastanza bravo. Incomincia a voler dire che forse, nella nuova geografia che sta nascendo, L´uomo senza qualità non è un libro così importante. Cosa possibilissima. Non dobbiamo spaventarci. Non lo dico per provocare. I musicisti che Rossini ammirava nel suo mestiere si chiamavano Mozart, Haydn, ma altri avevano dei nomi che noi abbiamo del tutto dimenticato. Le geografie cambiano. Forse L´uomo senza qualità non è importante per sempre. Lo è stato per me, per la mia generazione, ma quando cominci a non riuscire a spiegarlo, quando senti che non ti credono, è meglio cercare di capire che cosa sta succedendo, qual è la nuova geografia che sta nascendo. E prepararsi ad accoglierla.
A. Baricco La Repubblica, 14 maggio 2003
Cosa ne pensate? Io ci son rimasta molto male quando l'ho letto... come lettrice, mi son sentita un po' ferita... 
"La cultura è complessità" Prof.ssa Medi Guerrera
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"Ma era tutta la vita ad essere colpevole, non questo o quel singolo fatto" (Il Gattopardo)
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Biuso
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Inserito il - 31/05/2004 : 23:44:25
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A che cosa serve la filosofia, Benny? Serve anche a capire meglio articoli come questi, ad apprezzarne il fondo di verità come le contraddizioni, e soprattutto a coglierne la retorica.
Perché Baricco fa un po’ l’imitazione (ma proprio solo l’imitazione) del Fedro, nel quale Platone parla malissimo della scrittura –osservando che questa invenzione non servirà a capire meglio il mondo ma solo ad avere un troppo facile strumento di rammemorazione dei dati- e lo fa (guarda un po’!) attraverso un (meraviglioso) libro, senza il quale di quella critica alla scrittura nulla ci sarebbe rimasto.
Il tema principe di questo testo, comunque, NON è la lettura ma ciò che l’autore chiama la «nuova geografia» del mondo giovanile. E qui Baricco proprio non regge il confronto con le analisi che sullo stesso tema (anche se molti anni fa) faceva Pasolini. E questo è l’ulteriore dimostrazione di come intellettuali, giornali e giornalisti si siano in questi decenni –come dire- volatilizzati, diventati lievi come i pixel televisivi, diventati il nulla della televisione. Allora, di che cosa parlava Pier Paolo Pasolini? Parlava di una vera e propria mutazione antropologica che colpisce le nuove generazioni (che erano quella mia e di…Baricco!) trasformandone molti membri in «mostri» senza nessuna luce negli occhi, con lineamenti da automi. Essi «sono regrediti -sotto l’aspetto esteriore di una maggiore educazione scolastica e di una migliorata condizione di vita- a una rozzezza primitiva (...) lanciando ogni tanto urli gutturali e interiezioni tutte di carattere osceno. Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o sghignazzare». (Lettere luterane, Einaudi, 1976, pagg. 7-9). Ragazzi che sostituivano alle parole (dette e scritte) il puro niente del significante, dell’urlo onomatopeico e idiota. Essi volevano tutto e subito. Usavano sempre gli stessi slogan, urlavano contro un sistema ossessivamente contestato a parole quanto più assimilato nel rifiuto di ogni responsabilità verso se stessi e verso il reale, vittime di un verbalismo infantile perché narcisistico.
Eppure, eppure…Baricco una parte di ragione ce l’ha, quando invita a cercare di comprendere prima di valutare, a cogliere l’importanza delle nuove forme di comunicazione per questa generazione che sei tu, Benny, che siete voi, ragazzi. Una generazione che in molti dei suoi rappresentati si muove con assoluta padronanza fra siti, forum, blog, email, chat. Ma –e questo Baricco non sembra rilevarlo- ciò significa che si tratta di una generazione che sa di nuovo scrivere (beh, non sempre per la verità!) perché scrive sulla Rete, che legge in Internet ma legge. E Baricco non dovrebbe ignorare che il Web è anche uno strumento di potenziamento del mondo che ruota intorno al libro, di informazione, di comunicazione. Lo stesso topic che si sta sviluppando su questo forum e dedicato ai libri più amati ne è una piccolissima ma significativa dimostrazione. Certo, l’analisi di Baricco rimane comunque un pò banale e molto a effetto, come di tanto in tanto capita a questo scrittore elegante ma a volte superficiale.
La parte più interessante dell’articolo è la prima, perché accenna a una delle contraddizioni che stanno al fondo della lettura. Quando si legge si sta fermi, in un luogo, da soli e tuttavia si ha l’impressione di solcare mondi, di attraversare millenni, di comprendere i segreti di Dio. Ma questo è vero solo se la lettura è rivolta al di là di se stessa, è rivolta a scrutare l’enigma dell’esistenza quotidiana, a vivere più gioiosamente, più fortemente, con la passione fredda di chi mediante i libri capisce meglio il gioco dell’esserci. Se accade tutto questo, non è vero che sia «un intelligentissimo modo di perdere, leggere libri» ma credo, invece, che rappresenti una grande, intima, definitiva vittoria sul nulla della vita.
Petrarca, Proust, Jiménez, Yourcenar e molti altri hanno detto cose splendide e vere su che cosa sia il legger libri ma forse nessuno lo ha fatto come Tommaso da Kempes: «In omnibus requiem quaesivi et nusquam inveni, nisi in angulo cum libro».
(Ho scritto a lungo e mi scuso. Soprattutto, non vorrei che questo mio intervento distogliesse altri dal rispondere a Benny. Io non vorrei intervenire troppo spesso ma voi proponete argomenti troppo interessanti. È vostra, insomma, la colpa ).
agb ...le isole lontane, macchie verdi e il mare, i canti delle genti nuove all'imbrunire... (Battisti-Mogol)
Edited by - Biuso on 01/06/2004 09:18:35 |
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hooverine
1° Livello

Regione: Italia
83 Messaggi |
Inserito il - 04/06/2004 : 22:25:55
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ho letto in fretta le parole di baricco 1)perché sono in viaggio e collegata a un pc che non è il mio, mentre di là si prepara la pasta con le zucchine e il tonno, quindi capirete che mi devo sbrigare; 2)perché baricco mi sta incommensurabilmente (ma proprio incommensurabilmente) sulla zona sacro-rettale (è un eufemismo). se poi leggo che secondo lui l'uomo senza qualità non è più importante, allora, beh...boh...dove andremo a finire? ha smesso di fare militanza (se mai l'ha fatta)? qualcuno direbbe mai che la madame bovary non conta più un piffero? ma insomma! sono indignata! prometto di leggere il post per intero al mio ritorno, nel confortevole buio delle mie notti cibernetiche, epperò...eccheccàzz! baricco! vergogna!
p.s. sono a roma, e sono stata alla manifestazione. una frase sopra tutte: bush, i nostri ggiovani nun te li damo! (detta da un anziano che si ricordava delle guerre fasciste e che gridava tenendo una mano sull'orecchio). e dopo aver cantato tutti assieme bella ciao! una signora, alzando il pugno, ha detto: mio marito si chiamava romanino, era partigiano, a diciott'anni s'è messo a fare il partigiano... come fare a non commuoversi? e quando al tiggì si sente dire che bush è in italia per commemorare la liberazione effettuata dagli americani (senza neanche un miserabile accenno ai partigiani) mi cascano le brtaccia, i capelli, le orecchie e tutti gli altri ammenicoli. o ammennicoli. o quel che è.
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Lord_Goring
Nuovo Utente
Regione: Ireland
Città: Dublin
12 Messaggi |
Inserito il - 08/06/2004 : 19:41:24
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Non credo che leggere sia sinonimo di involuzione. Molto spesso la lettura ci rafforza, ci dà nuove energie, ci pone modelli con cui confrontarci, nel bene e nel male, modelli che ci spronano a fare "qualcosa", a smuoverci da quell'imperante spirito di apatia che appesta e soffoca le ultime e ultimissime generazioni (la mia compresa, dato che non ho nemmeno 20 anni) forse in misura maggiore di quanto non facesse con le precedenti. Perchè leggere - faccio un esempio - Il signore degli anelli, deve per forza voler dire "fuga vigliacca dalla realtà"? A me ha trasmesso altro: coraggio, senso dell'onore, della fragilità, spirito di lealtà e altro ancora. I libri, in un modo o nell'altro, raccontano il mondo, perchè di questo mondo sono i suoi scrittori, e di questo mondo sono i loro protagonisti: il libro non è un mostro perfido che ti coccola subdolamente, tenendoti lontano dalle brutture del mondo, ma un mentore che ti aiuta a comprenderlo e ad affrontarlo. Questa almeno è la mia idea
Edited by - Lord_Goring on 08/06/2004 19:43:24 |
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