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digiu
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Inserito il - 01/12/2005 : 13:20:51  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ieri è uscito in libreria l'ultimo libro di Marco Travaglio, dal titolo INCIUCIO ossia come la sinistra ha salvato Berlusconi (http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=RGFQ9JQPZJTJV).

Due settimane fa è uscito un DVD+Libro dal titolo La mafia è bianca che spiega i legami del governatore di Sicilia Salvatore Cuffaro con la mafia (http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=BAGANJJYFI5TC)..

Cosa sta succedendo in questo Paese? Perché le notizie passano dalle librerie e dai teatri e al contrario stando a quel che si vede in televisione pare che tutto vada bene? Perché il documentario di RaiNews24 sul napalm a Falluja viene comperato da tutte le televisioni del mondo, mentre la nostra televisione pubblica che ne detiene i diritti non vuole trasmetterlo?!

Documentandomi per cercare una risposta a questi interrogativi, oltre ad alcune delle risposte che cercavo ho rinvenuto -in Rete- una interessante conferenza di Marco Travaglio sul tema "giornalismo e televisione" tenuta una settimana fa all'Università di Bologna.

Ho scritto una sintesi con alcune mie riflessioni (il testo è un po' lunghetto...) corredata da un taglia e cuci (pillole in mp3) della conferenza di Marco Travaglio.


Chiunque di voi abbia interesse a leggerla la trova su:

http://www.digiu.it/televisione/


o per una migliore leggibilità in file pdf:

http://www.digiu.it/televisione/tvpolitica.pdf




Potrebbe essere il punto di inizio per una discussione qui su Cybersofia o - se volete - anche per qualche commento al mio indirizzo email...


grazie.
digiu.



Modificato da - digiu il 01/12/2005 15:11:58

Biuso
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Inserito il - 09/02/2007 : 22:25:07  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Spegnere il televisore, buttarlo via, è uno dei pochi gesti rivoluzionari che possiamo ancora compiere.
Ho cercato di spiegarne le ragioni in un articolo per www.girodivite.it dal titolo Liberarsi dalla (tele)visione. Un’utopia

agb
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(Jeshu-ha-Notzri. Gv, 1,5; 3,19)
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Biuso
Amministratore

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Inserito il - 12/02/2007 : 00:30:51  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

E per chi, perso tra i monti, non ha altra fonte d'informazione che RaiTre?

(...)

(e poi, un filosofo ha il dovere di uscire dalla caverna...).




Sul dovere di tenersi informati non ci sono dubbi.
E la radio? Le sue onde non arrivano tra quei monti?
E' questo uno dei mezzi meno invasivi e più discreti.
Neanch'esso neutro, certo, ma molto meno omologante e volgare del telemostro...

agb
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digiu
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Inserito il - 12/02/2007 : 16:28:34  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

Ci si affida al TG3, all'Annunziata, a Blob, in mancanza di meglio (inutile sottolineare che nell'ambito televisivo essi rappresentano il meglio).



Se l'Annunziata e Blob rappresentano il meglio: meglio (davvero) usare il televisore come arredo (cfr Il bisbetico domato) e nient'altro.

Non credo sinceramente nel dovere d'informarsi, almeno non mediante il canale televisivo. Se osservi bene il tg3 di cui citi l'esempio, non t'informa proprio su un bel niente. Il telegiornale non informa su nulla, almeno non più di un amico che ti racconti in 3 minuti i fatti di un intero mese durante una telefonata.

Stando su un monte, poi, non si ha la necessità della notizia in tempo reale, sarebbe quindi sufficiente un palmare aggiornato settimanalmente (credo che il grosso della 'spesa' comunque lo faresti a valle), e poi è soltanto questione di tempo...esistono già
teconologie in grado di collegarti tramite segnale satellitare, occorre soltanto pazientare un po' affinché vengano a portata di tasca.

Intimamente confesso di ritenere coloro i quali giungano a giustificare/ascoltare Fede e l'Annunziata, anche soltanto per "farsi un paio di risate", i peggiori utenti televisivi possibili.

Su! Che la rivoluzione parte da un sacrificio e le parole Blob e rivoluzione non potrebbero mai coesistere nella stessa frase. A parte, naturalmente, che in questa appena enunciata.


digiu.

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digiu
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Inserito il - 15/02/2007 : 11:17:50  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

Ho steso alcune riflessioni sul mio sito.



Grazie per avermi messo (e lasciato) tra parentesi.


digiu.

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Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


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Inserito il - 15/02/2007 : 14:48:56  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Provo a rispondere all’ampio, articolato e critico intervento di Tommy David in difesa di un uso omeopatico e non alienante della televisione.

L’umanità trova sempre i mezzi coi quali pulsare la propria mediocrità. Oggi la televisione, ieri altro e domani altro ancora. Ma questa realistica consapevolezza non ci esenta dal diritto-dovere di parlare in favore dell’emancipazione intellettuale. Per il resto –è ovvio!- ognuno faccia quello che gli pare. Una delle affermazioni più sagge che conosca è quella del vecchio Kant: «da un legno tanto storto come quello di cui l’uomo è fatto, nulla si può costruire di perfettamente dritto». Chi ha tentato di rendere gli umani virtuosi e tutti illuminati –da Robespierre a Hitler o Stalin e Pol Pot- ha spezzato, inevitabilmente, il legno.

Una delle fonti di Tommy è un libro che io giudico né «ottimo» né «tuttora attuale». In Apocalittici e integrati, infatti, Eco sostiene (e Tommy con lui) che a essere negativa non è la TV in sé ma l’uso che di essa si può fare. Se il mezzo venisse utilizzato «nello spirito della Costituzione e alla luce dell’intelligenza» le sue potenzialità positive sarebbero enormi e la civiltà della TV potrebbe porsi come complementare a quella del libro (Bompiani 1994, pp. 355-357). È proprio qui che emergono evidenti i limiti del libro. Essi non consistono, naturalmente, nell’inevitabile invecchiamento di molte pagine (la prima ed. è del 1964) o nella mancata previsione della volgarità che si sarebbe impadronita del mezzo televisivo; neppure consistono nella grossolanità, ammessa dallo stesso Autore, di una distinzione così generica e polemica come quella che dà il titolo al libro (e che non a caso ha avuto una fortuna superiore a quella del libro stesso); e nemmeno nell’illuminismo pedagogico di cui Eco fa ammenda nell’edizione del 1974.
Il limite di un libro così opportuno e così divertente sta nella sua intima componente ideologica. Ottimista sulla natura umana, senza aver spiegato perché bisogna esserlo, Eco accetta per definizione l’esistente e lo vede proiettato verso indefiniti sviluppi progressivi. Hegeliano, e per questo anche marxista, mette a fondamento delle sue analisi la prima legge del materialismo dialettico: «il mutamento quantitativo è stato tale da ottenere effetti qualitativi» (p. 297) e su di essa fonda la fiducia nell’ascesa delle masse -e cioè dell’intera struttura sociale- tramite una accumulazione indefinita, pluralistica e irrefrenabile di conoscenze, dati, informazioni. Ascesa verso cosa? Verso una maggiore libertà, una maggiore partecipazione, una maggiore cultura. Presupposto indispensabile di tanta fiducia è «considerare tutti i cittadini come dotati in eguale misura» (p. 354). Se c’è un’affermazione ideologica, non suffragata da alcuna prova empirica -prova che mai potrà ottenere rispetto alla miriade di indizi contrari- è proprio questa. Qui sta la hybris che ritiene i singoli e i loro aggregati una semplice variabile dipendente dall’ambiente, del tutto determinata dall’epoca storica e dalle sue strutture economiche. Aspettando la «modificazione radicale del contesto per dare poi un nuovo senso alle forme di sempre» (p. 294) era ovvio che a impadronirsi delle comunicazioni di massa fosse la demagogia, la superficialità, la stupidità. E cioè la Fininvest/Mediaset.

La posizione di Eco non potrebbe, a rigore, contestare un simile esito, soltanto che si rifletta sulle implicazioni della seguente affermazione: «ma il problema cambia aspetto nella misura in cui il piacere della ridondanza, da momento di riposo, pausa nel ritmo convulso di una esistenza intellettuale impegnata nella ricezione di informazioni, diventa la norma di ogni attività immaginativa» (p. 253). Ora: chi dice che cosa debba essere norma e che cosa eccezione? quale autorità impone (o “consiglia” o “induce” o “favorisce”) una misura temporale nell’usufruire della televisione o della stampa? di fronte a quel «mutante» che è l’uomo della comunicazione di massa, quale potere, quale istituzione sarà incaricata o darà l’incarico di «configurare nuovi ideali di umanità e di formazione, nuovi sistemi di valori, [...] nuove vie di liberazione»? (p. 364). Escluso, è chiaro, che possa farlo il potere costituito perché di puro totalitarismo in questo caso si tratterebbe, rimangono due strade. La prima è costituita dagli intellettuali. Per quanto contraddittorio possa sembrare, Eco percorre questa via quando rileva la necessità di una critica contenutistica della science fiction: «non sarà un dovere culturale illuminare coloro che, prima di addormentarsi o frettolosamente in treno, scorrono con occhio disattento gli unici manuali di devozione che la civiltà industriale ha loro concesso?» (p. 374).
Illuminare? È sempre stata la funzione, e la pretesa, dei dotti (compreso quello di Salamanca...). Unici? Non sono forse aperte biblioteche, musei, librerie, teatri a chiunque voglia usufruirne? Concesso? E da chi? Non si introduce così una teoria del complotto e dello smascheramento tipicamente apocalittica?
Più di quelle raffinate speranze, più di quei sospetti ideologici, la società di massa ha percorso la seconda strada, ha vinto chi doveva vincere e cioè chi è sembrato offrire gratuitamente il divertimento più facile. Perché una natura umana esiste e non è quella che gli illuminatori di ogni tipo desiderano. Comunque è vero: «il rischio maggiore di fronte a questi rilievi è quello di un rifiuto indiscriminato dei nuovi mezzi di comunicazione» (p. 350). Ma Eco non appare quasi mai in televisione, almeno in quella italiana. E questo non è l’ultimo dei suoi meriti.

Uno dei punti centrali del mio articolo è che la televisione è l’essenza del potere berlusconiano: come fonte finanziaria, come strumento di propaganda, come demagogia telegenica. Se anche una piccola parte degli italiani non avesse avuto il televisore in casa, questo personaggio non sarebbe diventato capo di una maggioranza parlamentare. Non rendersi conto di questo fatto mi sembra la prima ragione della sconfitta -culturale più che politica- del centrosinistra. La Tv dà le parole d’ordine. Nel 1994 (mi sembra) fui certo della vittoria di Berlusconi quando sentii i politici suoi avversari utilizzare l’espressione “scendere in campo”. Chi controlla le parole controlla le cose.

Lungi da me auspicare «una tv con ottime trasmissioni (filosofiche) 24/24h?», come paventa Tommy. L’immagine televisiva abitua alla passività, il contrario di ogni filosofia. Il punto personale, proprio personale, è che la televisione mi annoia enormemente…

Chiudo con parole non mie. Un'allieva mi ha inviato il suo commento tramite mail.
Le ho chiesto di renderlo pubblico perché quanto sostiene a proposito della televisione (e degli umani) è così vero e fecondo da non poter rimanere mio privilegio di unico lettore.
Con qualche ritrosia, G. mi ha autorizzato a riportare parte della sua lettera.

=======================

«L'uomo ama ciò che vorrebbe essere, ma odia ciò che non è; così ammiriamo un cavallo giovane, o un grande felino, poiché essi sono l'immagine di ciò che desideriamo divenire: potenti, forti, belli. Ma al contempo soffriamo nel guardarli, poiché è troppo doloroso sopportare la propria inferiorità...

Lo stesso accade con la televisione: le persone si stringono attorno alla sua voce, ai suoi colori, alle sue sorprese, poiché essa esprime ciò di cui brucia loro la mancanza -il coraggio, la fama, la parola giusta al momento giusto... la popolarità, il successo. ...Perché anche loro vorrebbero essere eroi! Eroi come i medici di ER, come gli agenti di CSI... e tentano di nascondersi ciò che Achille aveva compreso così bene: che i veri eroi non tornano mai.

E le loro risposte saranno sempre “par l'escalier”.

L'umanità è mediocre. Noi tutti siamo mediocri, meschini, falsi -anche i migliori di noi, poiché in ciascuno c'è dell'umano. ...E lei vorrebbe togliere all'umano questo piccolo conforto? Il conforto di poter dire a se stesso: "non pensare, guarda" (e così rido anche delle parole di Wittgenstein!).

La folla è un animale domestico. Quando sembra selvaggio sta soltanto cambiando padrone. Perciò lei non può togliergli la televisione, non può togliergli i suoi giocattoli -lo stadio, il tabacco, la pornografia scadente- poiché otterrebbe soltanto di disorientarlo, come un micetto senza più baffi. Ma, per dirla con Victor Hugo, "qu'un chat puisse se changer en lion, les prefecteurs de police ne le croyent pas possible; cela est, pourtant." Ma diverrebbe un leone stupido, criminale, omicida -perché egli è stato omicida fin dal principio.

...E il peggio è che non è ancora finita».

=======================

Uno dei vantaggi dell’avere dei «validi» (appunto!) allievi come Tommy e come G. è che prendono sul serio quanto scrivi. E da lì percorrono le loro strade.

agb
«La Luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta»
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digiu
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Inserito il - 15/02/2007 : 16:29:29  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

P.S.: scusate l'astio, ma non e' simpatico doversi sentire cretini solo perche' si guarda un'ora di tv alla settimana.



tutto il tuo articolo (sul blog) mi sembra di una banalita' disarmante. Non volermene, come invece hai gia' fatto, perche' sono abiutato a criticare idee e non persone.
Poi: che tu possa sentirti un cretino, rilanciando un antisnobismo strisciante (all'interno del quale io e Biuso ci troviamo a dare indiscriminatamente del "cretino" a chiunque guardi per un'ora la tv), e' sentimento che a te, e a te soltanto, compete e non certo si potrebbe evincere dalle mie poche righe sull'argomento.

Infine, brevemente, su qualche passo (che non hai avuto l'accortezza di riportare anche nel forum):

quote:
Liberarsi dalla televisione viene visto come un atto rivoluzionario, come l’utopia che ci salverebbe meglio di un dio: l’azione, forse l’unica, che ci restituirebbe a noi stessi, coi nostri pensieri e le nostre tare (comprese quelle che fanno inceppare i pensieri stessi prima ancora che sorgano).


E' davvero un colpo basso. Mi ricorda certe estremizzanti delegittimazioni con parole demagogiche, tanto care ai nostri vecchi e nuovi rappresentanti in parlamento.
Nessuno ha mai sostenuto che dalla tv e dalla sua assenza dipenda la nostra eventuale salvezza. Salvezza e' un vocabolo che lascio all'invenzione delle religioni e che per quanto mi riguarda non fa parte della nostra societa' e della nostra vita.

Al contrario, un'assenza di televisione sicuramente comporterebbe una migliore qualita' della vita e non perche' si parlerebbe (cito il tuo paragone) di calli alle mani e vacche da mungere anziche' di scrofe (un'altra banale estremizzazione), ma perche' parleremmo di noi, inteso come della nostra esperienza reale e diretta nel mondo, e non di quel simulacro di realta' che viene proiettato sullo schermo e che per le caratteristiche intrinseche del mezzo ha come conseguenza di allontanarci dalla realta' fisica e metafisica che stiamo vivendo o potremmo auspicare di vivere.
A tal proposito il tuo intervento ne risulta l'esemplificazione somma, dal momento che gioca a citare "pere e formaggi" come nelle reclame, tra l'altro senza attinenza alcuna a cio' di cui stiamo dialogando. Trovo infatti allarmante che il primo pensiero o esempio che ti venga in mente e che decidi di riportare per iscritto, in una discussione puramente dialettica, non sia un esempio della tua vita, bensi' un esempio di una reclame televisiva. In cio' non mi pare che tu ti stia dimostrando in grado di dominare il mezzo, come invece auspichi nella chiusa del tuo post.

Ma torniamo al miglioramento della vita, in estrema sintesi, alcune peculiarita' del medium di cui stiamo parlando:

- la tv crea uno spazio pubblicamente condiviso in cui si riconoscono i suoi spettatori.

- il rapporto con la tv rientra nel contesto di 'quasi interazione mediata', cio' significa che il messaggio va da un emittente a un ricevente unidirezionalmente e senza alcuna reciprocita'.

- l'accesso al medium tv, in veste di emittenti di messaggi che per esso passino, e' regolato da barriere di tipo economico. Si produce cio' che fa profitto, in quanto la tv commerciale o neotelevisione (secondo una definizione di Eco) si pone come obiettivo ultimo la rivendita piu' redditizia possibile dei suoi spazi pubblicitari.

- l'audience unica forma di feedback, seppure limitato asincronicamente, non e' altro che un indice di preferenza il quale non tiene conto degli utenti effettivamente collegati ad una trasmissione, ma di campioni di utenti.


Conseguenze (per ciascun punto tra quelli sopramenzionati):

1) cio' che viene visto da tanti diventa inevitabilmente serbatoio d'esperienza comune e di conseguenza primo terreno di confronto e dialogo tra soggetti che cerchino reciproci gradi di condivisione e consenso, come lo sono gli umani. In questo caso si parla di televisione e nient'altro, secondo una spirale d'autoreferenzialita' che come minimo genera omologazione.

2) la quasi interazione mediata, e' una forma d'interazione passiva, e cioe' pur consentendo al ricevente la piena attivazione delle facolta' ricettive e percettive del cervello e del corpo, non gli consente delle controformulazioni di pensiero autonomo, ma esclusivamente la semplice formazione del pensiero.
Cosa ben diversa dallo scambio interazionale faccia a faccia che porta il cervello a una continua negoziazione di posizioni e idee, con ben altro indice di attivita'.
Cortesemente evitare obiezioni banali, tipo: "digiu stai dicendo che se guardo la tv, il mio pensiero sara' esclusivamente orientato da cio' che ho visto?"
Ovvio che no. Siamo corpi immersi in uno spazio d'esperienza fisica, ma certamente l'esposizione a numerose ore di televisione ci sottopone a un'enorme influenza da essa.

3) oggi gli intellettuali non hanno alcun accesso alla televisione, appannaggio completo di soubrette et similia (per motivi di messaggio). L'esempio che citi di Raitre Fabio Fazio e Umberto Eco e' secondo me il peggiore indice di una tale deriva: oggi se Eco, Minoli, Battiato e tanti altri possono andare in televisione non sara' certo per affrontare questioni intellettuali, giornalistiche o artistiche, bensi' unicamente per promuovere con la loro presenza le loro ultime uscite in libreria o nei negozi di dischi.
Questo asservimento di personaggi del pensiero, fugacemente apparsi in tv e piegati alle regole del marketing, rappresenta l'autentica resa dinanzi a un medium che non puo' essere dominato da individui e singoli, ma che sta gia' dominando impersonalmente molte fasi della nostra sfera individuale e perciò, in somma, collettiva.

4) i campioni di utenti (per la rilevazione del gradimento) sono selezionati e compensati in base a criteri non scientifici ma statistici e per di piu' regolati di comune accordo secondo una convenzione stipulata tra inserzionisti ed emittenti televisive, nel reciproco interesse. Tali segmenti di pubblico oggetto d'indagine vengono individuati tra quelli piu' propensi al consumo, quindi commercialmente 'pertinenti' perche' maggiormente vulnerabili al messaggio promozionale; la produzione televisiva viene pertanto profilata sul coinvolgimento di tali segmenti.
Stai tranquillo che ad Umberto Eco non chiederanno mai di installare l'apparecchio rilevatore di audience.



Soltanto rileggendo in fila, queste quattro macroconseguenze (e centinaia di altre a livello micro potrebbero esserne individuate) pur non essendo esaustive si da' ragione della potenza deleteria del mezzo.

In questo mi piace citare una battuta tratta da Mamma Roma di Pasolini, per due motivi: in primis per illustrare come le conseguenze di un fatto, in una struttura sociale come la nostra, non siano mai limitate ai singoli individui ma finiscano per riguardare tutti (a meno che non si vada a vivere sui monti SENZA Raitre); in secondo luogo mi piace citarla perche' la trovo calzante in risposta a quell'insinuazione, che non posso accettare, secondo la quale i detrattori della tua teoria siano gli stessi che sprezzantemente definiscono plebeo chiunque trovi interesse nell'attuale televisione.

"De quello che e' ognuno ha la colpa sua, ma il male che fai te per colpa tua è come 'na strada, ndove camminano pure l'altri, pure quelli che di questo nun c'hanno colpa".

E perdonatemi se mi spippo col cinema! :-)


A rileggerci...(la prossima volta cerchero' di essere piu' profondo, per ora mi sono limitato ad alcuni punti sostanziali, da tenere sempre bene a mente quando si parli di medium tv).


digiu.

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Biuso
Amministratore

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Inserito il - 15/02/2007 : 22:07:52  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Cari amici, vorrei ringraziarvi per un dialogo che valorizza questo nostro spazio e che state mantenendo in una dimensione argomentativa e non (troppo) personale, nonostante l’evidente passione che ci accomuna. Voi non vi conoscete e invece io so del valore intellettuale e della correttezza morale (per quello che posso capire... ) di entrambi.

Concordo in toto con l’analisi di digiu: un contributo scientifico di grande lucidità. Che la televisione parli sempre più solo di se stessa e l’espressione di un solipsismo iconico che per il fatto di essere condiviso da milioni di soggetti spettatori risulta ancora più tragico.
Non si tratta di partire dai gusti personali, dall’annoiarsi o dal rilassarsi di Biuso, Tommy, digiu…ma di comprendere le dinamiche e le implicazioni profonde di un mezzo la cui potenza è secondo me assai pericoloso sottovalutare.

Naturalmente, poi, io non ho alcuna autorità per estirpare o proibire alcunché ma l’analisi del potere televisivo che controlla le coscienze, i linguaggi, l’immaginario di milioni di persone costituisce un preciso dovere di chi cerca di pensare.
Ed è quello che, insieme, stiamo tentando di fare.

agb
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digiu
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Inserito il - 16/02/2007 : 00:14:51  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

Stavolta vengo in pace (tranquillo, non te ne voglio), pero' mi e' sorto un pruriginoso dilemma: non è che, mutatis mutandis, queste caratteristiche si potrebbero applicare anche ad ul altro medium come i quotidiani? (Biuso scrive: «anche gli altri mezzi di informazione, certo, seguono queste regole».) Anch'essi, a mio vedere, creano un movimento d'opinione condiviso dai lettori (per quanto di dimensioni piu' modeste), anch'essi non permettono feedback e risposte immediate, anch'essi campano grazie alla pubblicità (e ai finanziamenti pubblici e/o di partito) e anch'essi puntano alla vendita (e stringono cifre che per forza di cose non coincidono col numero degli effettivi lettori). Ora, o dirimiamo la questione dal punto di vista quantitativo (la tv ha piu' influenza perche' piu' diffusa e seguita del quotidiano; altresì una sola pagina di quotidiano e' più informativa di un intero tg, fosse pure il TG3) o da quello quantitativo (nei quotidiani transitano intellettuali, talvolta vi è un certo pluralismo di opinioni etc). Solo questo. Perche' a questo punto le peculiarità del mezzo "televisione" a mio avviso le ha colte assai meglio il Prof, e stanno essenzialmente nel trionfo dell'immagine e della sua manipolazione che la rende spesso indistinguibile (per sprovveduti o intelletti deboli) dalla realtà.



A dire la verita' la tua ultima frase, che attribuisci al prof, l'avevo scritta in tempi non sospetti, e cioe' nella parte conclusiva del documento che ha originato questo thread (oltre un anno fa).

Comunque vengo al punto: differenza tra tv e quotidiani almeno rispetto alle quattro peculiarita' che ho enumerato...dunque con ordine:

1) i quotidiani non ricreano nemmeno un millesimo di quello che a proposito della visione televisiva ho chiamato "serbatoio di esperienza comune". Non potrei paragonare mai una rubrica come Striscia la notizia ad es. ad una egualmente vecchia e famosa (da prima pagina del CdS): Pubblico e privato di Alberoni, oppure alla Stanza di Montanelli.
Non potrei paragonare la cronaca di un evento in diretta da parte di Nando Martellini (Italia che vince la coppa nell'82) rispetto ad esempio all'articolo che in proposito scrisse Enzo Biagi l'indomani. Le parole di Nando Martellini le ricordano da Bolzano alla Sicilia, per quanto invece concerne gli articoli di giornale ciascuno legge cio' che gli interessa e della testata che gli interessa e quindi non si riesce a creare quel terreno comune e condiviso.
Per escludere del tutto il punto numero 1, infine direi che nessuno si sognerebbe di citare l'opinione di Panebianco sui Dico mentre parla del piu' e del meno in metropolitana con un amico, per converso sarebbe nettamente piu' probabile che lo stesso soggetto disquisisca la sua ammirazione per il fondoschiena dell'ultima bionda del GF.


2) questo punto e' piu' spinoso. Nel senso: potrebbe valere anche per i giornali, pero' con dei distinguo sostanziali che ne attenuano e di parecchio la forza deleteria.
Corrisponde al vero: anche le parole stampate entrano nella quasi interazione mediata, pero' il processo ricettivo non e' uguale. La lettura del quotidiano attiva molte piu' facolta' del cervello, se non altro per l'impegno dovuto alla differenza tra il linguaggio giornalistico e il linguaggio propriamente televisivo. Insomma un articolo di Scalfari, Bocca, Pansa e via annoiando... richiede elaborazioni mentali diverse e certamente piu' profonde rispetto a quelle di un talk show, da Ballaro' a Costanzo o perfino Maria De Filippi.

3) Questo punto puo' ritenersi di separazione netta. Nel caso della tv ho sostenuto che oggi gli intellettuali non vi hanno accesso, lasciandola appannaggio delle soubrette; invece i giornali si differenziano e di molto rispetto alle barriere di accesso. E' vero che i giornali altresi' sono editi per vendersi, ma coloro i quali vi scrivano (con tutte le eccezioni del caso) sono comunque membri di un Ordine, e in questo ci offrono garanzie. Non entro nel merito di domandarti quali garanzie offrono le varie Hunziker o Platinette per entrare a far parte del circo, altrimenti rasentiamo l'operazione desert storm sulla croce rossa.
Quindi tornando alle garanzie: grado di alfabetizzazione certamente superiore a quella di un qualsiasi presentatore di Raiuno (Carlo Conti, Panariello... ma di cosa stiamo parlando?!) e comunque anche gradi maggiori di liberta' dalla censura.
In qualsiasi quotidiano tu prenda, per verifica, l'intellettuale o pseudo tale ha il suo spazio. Magari non sempre costui esprime contenuti all'altezza dell'autorita' e della fama di cui si fa latore, pero' riconoscerai che Eco su Repubblica lo leggi almeno una volta a settimana e non certo per parlare degli affari suoi, delle trasmissioni che guarda ecc, mentre da Fabio Fazio appunto lo vedi una volta al mese e si scade sempre nella chiacchiera personale, oltre al dichiarato fine mercantile.
Cosi' le varie traduzioni di interventi di Chomsky, oppure Rushdie, o quello che vuoi secondo i gusti (l'elenco potrebbe essere abbastanza nutrito), sono sufficientemente diffuse tra le colonne di pubblicazioni quotidiane e periodiche!

Infine la censura. Punto di ampia divergenza: le grandi firme, sui giornali, possono perfino contravvenire esplicitamente (occasionalmente sia chiaro...) alla linea editoriale del Direttore, cosa assolutamente non consentita ai presentatori dei format che invece vivono la gabola dell'audience, pena la sopressione del proprio programma in barba ai diritti contrattuali.


4) E' vero: anche i giornali si basano sulle vendite, per il loro successo, pero' anzitutto sara' opportuno ricordare che le statistiche applicabili ai giornali non sono a campione, ma vengono fatte sul numero delle copie stampate (quindi sulle vendite vere e proprie, eccettuato il margine di reso); al contrario l'audience - lo ribadisco - e' un sistema di misurazione a campione, adottato negli anni ottanta e frutto di un accordo tra emittenti e inserzionisti.

Concretamente: nel caso dei giornali i novanta centesimi che pago al mio edicolante sono uguali a quelli del tassinaro, o del parrucchiere per signora che magari col giornale ci avvolgono il salame o tutt'al piu' lo sfogliano, e ciononostante la differenza rispetto all'indice di gradimento televisivo risulta lapalissiana, dove in quest'ultima fattispecie si parla di 'gradimento' presso particolari segmenti selezionati (da chi?) e consapevolmente monitorati.


In conclusione mi pare che gia' sugli aspetti macro siano emerse profonde e oggettive discrepanze rispetto alle caratteristiche strutturali e di fruizione che intercorrono tra questi media di massa. Tutto cio' escludendo le specifiche differenze a cui anche il prof. ha accennato, concernenti appunto l'inegugliabile potenza manipolativa data dal flusso delle immagini...

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Lo so: è stata una pappardella noiosa e per niente originale, pero' ritenevo doveroso non perdermi in valutazioni personali e rispondere sia prima che ora con una fredda analisi (rispetto ad argomenti che tra l'altro neppure amo...)


Naturalmente resto a disposizione per qualsiasi chiarimento o correzione (scrivo molto in fretta e talvolta, non occorre manco dirlo, sbaglio. Come tutti voi plebei!)

Mi resta ancora la curiosita' per il pezzo sulla vanagloria da me ispirato. Lo attendo!


digiu.




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giofilo
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Regione: Jamaica
Città: Catania


176 Messaggi

Inserito il - 16/02/2007 : 01:04:18  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di giofilo Invia a giofilo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Una delle discussioni più interessanti di questo forum! Complimenti!

Non mi arrischio ad aggiungere qualcosa perchè 1) non so cosa ci sia da aggiungere e 2) non ho mai riflettutto veramente a fondo sull'argomento.

Vi leggo con attenzione!

__________

- & -
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Cateno
2° Livello

Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 16/02/2007 : 11:30:34  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ho letto tutti i vostri interessanti interventi e debbo dire che mi ritrovo molto nella posizione del prof. e di Digiu.
A discapito di ancora guarda la televisione ci sono da ripetere delle illuminanti parole di J. Condry: "Quanto maggiore è l'esposizione dello spettatore allo spettacolo televisivo, tanto maggiore è, in genere, l'influenza esercitata dal mezzo. In una certa misura tal influenza sarà determinata dai contenuti. Tuttavia l'esposizione basta da sola ad influenzare lo spettatore, indipendentemente dai contenuti".
Per molte persone, soprattutto adolescenti e bambini, è impensabile una vita senza televisione. Me ne sono accorto soprattutto quando ho organizzato un incontro-dibattito (significativamente in una biblioteca) proprio sulla schifezza televisiva. (Citando anche delle frasi del prof! )
Tuttavia alcune riflessioni vanno fatte.
Tante manipolazioni, propagande, ideoligizzazioni sono state perpretate anche quando la televisione non esisteva e la tecnica cinematografica muoveva i primi passi e cominciava a diffonders (basti pensare al fascimo).
Vero è che la televisione ha una diffusione più capillare ed una potenza iconica di molto superiore rispetto a quanto avessero gli altri mezzi. Ma ciò è secondario rispetto al fatto che sempre c'è chi (e sono la stragrande maggioranza) si farà manipolare e sempre chi vorrà manipolare. (Sulla qualità della televisione non mi pronuncio; basti dire che massa e qualità sono ossimori e la televisione è il mass-media per eccellenza. Questo mi fa riflettere anche su un volantino che circolava tempo fa nella nostra facoltà e che promuoveva una "università di massa e di qualità").
Ad ogni modo, ho visto qualche mese fa un film meraviglioso nella sua reale tragicità: Accadde in aprile (Sometimes in April), che narra della guerra, del genocidio ruandese del 1994. Lì fu principalemente la radio a perpetrare e scatenare la violenza.
Il sostrato è unico: la schifezza dell'uomo. Per la verità si dovrebbero usare termini neutri, giacché "malvagità", "schifezza", "cattiveria" e cose del genere sembrano moralmente connotati ed invece abbiamo a che fare con caratteristiche connaturate dell'essere uomo.
Ancora una volta, mi chiedo (e vi chiedo se potete aiutarmi a rispondere) se la "colpa" dello sfacelo sia di chi il potere (mediatico) lo subisce o di chi lo esercita o di entrambi. Credo che da parte di chi lo subisca ci sia una buona dose di compiacenza; da chi lo esercita solo potenza.
Certo, ci potremmo aggrappare a paroloni come "responsabilità", "senso civico", "gestione della cosa pubblica"; ma, nonostante io cerchi sempre di orientarmi secondo queste parole, non credo che nominandole riguardo alla televisione o ad altri strumenti di potere incorrerremmo in altro che in vacue ciarlerie.
Un confronto mi viene, però, di farlo: ho visto su Raieducational, una trasmissione degli anni '70 in cui Montanelli e Tudisco intervistavano Carlo Rubbia. Credo che nella televisione berlusconiana ciò sia impensabile, dato che la trasmissione più "culturale" che ho visto (a parte qualche comico) è stata un'intervista di Maurizio Costanzo (eh... già!) a Depardieu, accennando qualcosa a proposito di Balzac.
Popper proponeva una patente per chi volesse fare tv; ma dato che anche le patenti si comprano, almeno in Italia, non si farebbe altro che allargare il circolo affaristico della televisione.
Mi piace parecchio il real-pessimismo della saggia e misteriosa G.
A chi obbietta che non si deve fare di tutta l'erba (tutti gli utenti televisivi) un fascio, si può rispondere che di fatto è la televisione stessa che appronta i legacci e che (a proposito di essere omicidi fin dapprincipio) prepara la falce che mieterà quest'erba (oppure verrebbe da dire che "l'erba tinta nun mori mai").
In ogni caso, anche tolta la televisione, smantellata, eliminata, ci sarà sempre qualcos'altro. Il male non è mai il mezzo (il "media"), ma ciò che sta prima e dopo.
L'autoreferenzialità della televisoione è appunto il circolo in cui l'incrintatura è la curva della falce ed al cui principio e fine troviamo, come dice ancora G., la medicorità assassiana delle masse.

Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)
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digiu
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Inserito il - 20/03/2007 : 12:34:30  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:
Ho appena postato sul mio sito ulteriori riflessioni sulla tv, riallacciandomi ad un recente discorso già su questi lidi. Avevo finito di scriverlo un paio di settimane fa, ma per lontananza dal web ho potuto pubblicarlo soltanto adesso. Notare come vi avevo già sfiorato gli argomenti su cui stiamo discutendo in questo topic...


Rispondo qui, perche' mi pare consequenziale al discorso intrapreso sulla tv.

E' difficile rispondere ad un monologo, ben scritto tra l'altro, in cui si fondono tesi e ipotesi, riflessioni ed esperienze personali da blog con teorie scientifiche.
Ci provero' all'impronta, assai velocemente, sperando di non dire bestialita' e di far cosa gradita.

In sintesi, due punti concernenti il metodo prima ancora che il contenuto del discorso:

1) Dialetticamente parlando: cosa stiamo cercando di dimostrare? Che la tv sia un bene a tutti i costi, che la tv sia un male a tutti i costi, oppure piu' semplicemente ci piacerebbe considerare tutti gli aspetti di cui questo medium si fa portatore nella loro qualita' e nel loro contenuto, con le relative conseguenze?

2) Il metodo di osservazione: chi ha diritto di analizzare, cosa e secondo quali criteri.


Il punto 1 ad esempio e' in stretta correlazione a quanto Tommy enuncia in "La televisione come fonte d'informazione". In questo capitolo apprendiamo che la televisione sia democratica.

Ha un che di patologico dopo le ampie argomentazioni fornite che ancora si tenti di sostenere che la televisione sia democratica.
Voglio dire, la maggior parte dei rilievi che avevo enumerato in precedenza vertevano proprio su "Barriere d'ingresso che impediscano l'accesso al medium a tutti quei temi e personaggi che non siano utili al commercio degli spazi pubblicitari" e sul fatto che "la misurazione del gradimento sia tarata in maniera specifica per fini di guadagno e non in aderenza con la totalità dei suoi consumatori."

A me paiono due constatazioni cardinali per capire l'orientamento profondamente antidemocratico (in accesso e in uscita) del medium stesso.

Se poi non si vuole guardare a questi ma si sposta l'attenzione su aspetti che nulla competono alla qualita' e alla direzione che la tv segue, allora si cerca sempre di mandare avanti la solita storiella coadiuvata dal fatto che il mezzo sia fruibile gratuitamente, sia veloce e comprensibilie a tutti.

Posto che non corrisponde al vero che la tv sia gratuita (viene infatti pagato un canone annuo da parte di tutti i cittadini, canone oltretutto alquanto salato se si considera i volumi di pubblicita' che il consumatore medio ha da sorbirsi seguendo la sua trasmissione preferita) c'e' da dare un'altra discriminante: chi voglia sostenere un giudizio di segno positivo soltanto perche' per informarsi essa garantisce il risparmio dei novantacentesimi per il quotidiano, secondo me fallisce a priori.
S'e' per questo allora ancora meglio quei giornaletti gratuiti (Leggo, City, Metro) che vengono distribuiti nelle citta' con la fotocopia di una selezione di notizie d'agenzia: sono altrettanto gratuiti, non richiedono canone, sono ancora piu' neutri. Pero' allora non stiamo piu' considerando la qualita' del prodotto, ne' la sua presunta (e falsa) democraticita', stiamo semplicemente facendo un questione di materialismo che prescinda dalla qualita' e soprattutto che prescinda dal diritto ad una informazione il piu' possibile equilibrata, libera e imparziale, sancito dalla nostra Costituzione e valevole per tutti i cittadini.

Inoltre trovo nettamente antidemocratico che il target televisivo sia perennemente quello del "comprensibile a chicchessia" per di piu' confezionato secondo i tempi scanditi tra uno spot e l'altro.
Infatti per dimostrare la democraticita' del mezzo possiamo dire che sarebbe equo che ci fossero dei programmi indirizzati allo specchio piu' vasto degli utenti, mentre sappiamo per certo che NON esistono format e trasmissioni pensate per un livello esclusivamente alto. Insomma il massimo sono Superquark, Gaia, o Philippe Daverio ovverosia scienza arte e letteratura divulgati ai non addetti ai lavori, quindi comunque il livello non si alza mai sopra un certo limite e soprattutto anche quando si trattino temi di piu' ampio respiro si finisce per farli soggiacere ai tempi televisivi (altrimenti si sa annoia...) per cui se ne sminuiscono le caratteristiche di linguaggio, portata, ambizione.
Questo, correggetemi se sbaglio, mi sembra un enorme limitazione

a) della qualita' di cio' che passi del medium
b) della democraticita' del mezzo i cui contenuti vengono orientati soltanto verso il basso



Il punto 2 invece risulta applicabile a diversi 'capitoletti' del brano di Tommy.
Nella fattispecie il nostro parte sempre e inevitabilmente dal concetto ideale di una casta che non si mischia con la televisione. Banalmente: esiste uno strato basso che vive e gozzoviglia di tv, inconsapevolmente preda dei piu' triviali istinti. Poi uno strato b, cui egli suggerisce si dovrebbe aspirare, entro il quale vegetano individui che verso la tv hanno un approccio illuminato: seguono programmi ben selezionati, a certe ore, poi magari tornano a spegnerla per settimane, e infine vi tornano per osservare il progresso(?) raggiunto dai palinsesti ed eventualmente formulare ipotesi e giudizi sulla loro qualita'. Infine il tertium datur consistente di una setta, di apocalittici, che proprio con la tv hanno schifo a mischiarsi.


Scusami Tommy se mi sono permesso di parodizzare bassamente la situazione del rapporto con la tv, che continui a denunciare ma che ahinoi non e' assolutamente riflesso dello stato delle cose.

Tutte le teorie e i rilievi enumerati nei miei precedenti messaggi, laddove non fossero speculazioni personali (come avviene invece in questo messaggio, dove appunto non faccio riferimento a teorie della comunicazione), sono critiche avanzate da studiosi che debbono per amore dei loro studi sporcarsi le mani con la televisione, seguendo talora anche l'immondizia per poterci scrivere sopra. Un po' lo stesso mestiere che fa Aldo Grasso per il CdS.

Insomma anch'io per anni l'ho guardata, distrattamente o meno, da aficionado o meno, e nonostante le critiche sovente posso trovarmi a guardare e interessarmi al contenuto di certe trasmissioni.
Cio' non toglie che in questa sede stiamo cercando di analizzarne contenuti e qualita' e in cio' mi fido molto delle analisi sperimentali o meno condotte dagli scienziati della comunicazione che tentano di sviscerarne il potenziale e le dinamiche partecipative/ricettive. Poco invece posso fidarmi dei singoli fruitori e delle loro elucubrazioni esposte da un visus limitato (perche' ignorante delle organizzazioni e del sistema dell'intero baraccone).


Ps.
"Postilla anti-Travaglio". Non l'ho capita.
Nel mio documento originale ho analizzato il rapporto tra giornalismo e tv e mi sono avvalso di alcune utilissime argomentazioni di questo giornalista. Sul fatto che poi costui sguazzi nel pantano o guadagni con le pubblicazioni o volti gabbana, non vedo cosa dovrebbe sminuire della correttezza e veridicita' di quanto esposto.


digiu.


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AndreaDEmilio
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Città: Pescara


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Inserito il - 20/03/2007 : 15:38:11  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di AndreaDEmilio Invia a AndreaDEmilio un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
torno a ripetere : vanno bene tutte queste parole, ma passiamo anche alle azioni ? facciamolo insieme un canale di filosofia televisiva!

3332725782 - Laura mi ha chiamato, e scusate se è poco! e voi?
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digiu
1° Livello



97 Messaggi

Inserito il - 20/03/2007 : 16:44:12  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di digiu  Invia a digiu un messaggio Yahoo! Invia a digiu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:

torno a ripetere : vanno bene tutte queste parole, ma passiamo anche alle azioni ? facciamolo insieme un canale di filosofia televisiva!



non so di che azione stai blaterando: io sono gia' passato all'azione, anche studiarla e' un'azione. Rifiutarla o appoggiarla e' un'azione.

Il canale di filosofia televisiva sinceramente non m'entusiasma. Non mi piace neppure il nome.
Inoltre mi sfugge la pertinenza: tutte le parole sin qui espresse erano indirizzate all'analisi della tv generalista che in questo momento si trova ad anni luce da cio' che hai proposto (il video di una lezione di Biuso).
Non trovo proprio il nesso.


digiu.

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Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


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Inserito il - 07/09/2007 : 15:30:17  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Sulla Stampa di ieri (6 settembre) leggo questo breve e del tutto condivisibile articolo di Massimo Gramellini

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L'Eterno Bambino

Da quando Woody Allen disse che la vita non imita l’arte ma la cattiva televisione, la tv è peggiorata parecchio. Figuriamoci la vita. Chi pensa che la disgrazia peggiore degli ultimi anni sia stata la metamorfosi dei cittadini adulti in consumatori infantili troverà una conferma nella storia del tabaccaio sequestrato che in realtà si era sequestrato da solo, per muovere a compassione la mamma e indurla a ripianargli i debiti. Una trama cialtrona che Alberto Sordi avrebbe scartato perché troppo improbabile, mentre oggi Christian De Sica ne trarrebbe senza problemi un filmissimo di Natale. Ci può anche stare che un dodicenne scappi di casa con un po’ d’acqua e qualche bustina di zucchero, immaginando di ripresentarsi con il volto emaciato e di ribaltare le viscere e il portafoglio materni. Ma se a farlo è un commerciante sulla soglia dei quarant'anni che sommerso dai mutui corre a farne altri per pagarsi una vacanza esotica, confidando poi in un imbroglio che impietosisca mammà, significa che intorno a noi sta succedendo qualcosa di molto stupido e terribilmente serio. E questo qualcosa riguarda il processo di rimbambinimento propiziato da programmi televisivi e messaggi pubblicitari.

Avete fatto caso a come ci trattano? Da piccoli deficienti a cui bisogna scandire le parole e piantare nel cranio concetti semplici, ripetitivi e improntati a un valore unico: godi l'attimo e consuma più che puoi, tanto il futuro non esiste e le responsabilità neppure. Che noia, dirà qualcuno, scandalizzarsi ancora per queste cose. Però forse è più noioso continuare a lasciarcele imporre. Meglio cambiare, neh?


agb
«In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum libro» (Tommaso da Kempis [attr.], De imitatione Christi)
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Cateno
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Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 07/09/2007 : 18:35:22  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:
Avete fatto caso a come ci trattano? Da piccoli deficienti a cui bisogna scandire le parole e piantare nel cranio concetti semplici, ripetitivi e improntati a un valore unico: godi l'attimo e consuma più che puoi, tanto il futuro non esiste e le responsabilità neppure.


Da un po' di tempo sono preda di un ottimismo cosmico tanto sfrenato che si tramuta in illusione: ossia che l'essere umano scompaia dall'oggi al domani senza lasciare alcuna traccia di tutto ciò che è stato o ha fatto. E' ottimismo, lo ribadisco; perché così tutto il resto senza noi andrà meglio!
Lasciando da parte questo scherzo non tanto scherzoso, credo che la maggior parte delle persone con cui hp avuto a che fare non meritano altro che il trattamento cui fa riferimento la citazione.
Sono note le leggi sociologiche per cui le persone nella massa si adeguano al comportamento del peggiore e la televisone non è altro che un mass media, un mezzo di comunicazione di massa, dove "di" indica la proprietà, ossia della massa! La massa comunica attraverso la televisione e i componenti della massa si adeguano.
Il problema non è solo questo. Il problema riguarda anche i giochi.
Vi faccio un esempio fresco fresco.
Oggi ho avuto a pranzo una mia lupetta, una bimba dolcissima ed intelligentissima di 10 anni. Per passare un po' di tempo abbiamo dapprima giocato un po' con la playstation. Ci gioco molto di rado, infatti sono scarsissimo. Dopo un po', comunque, abbiamo deciso di cambiare gioco.
Penso, penso e penso... Cosa c'è di meglio di una semplice dama? Con mia meraviglia scopro che la bimba non sa giocarci. Allora glielo insegno e facciamo una partitella. Una.
Il gioco è troppo noioso perché si deve pensare troppo. Dove sono le luci, i colori, l'istinto della playstation?
Capiamoci, non è che non mi piace giocare coi videogiochi; qualche anno fa in qualcuno ero anche imbattibile (e non parlo solo del tetris , ma anche dei giochi di calcio). Però credo che qui vi sia un problema "educativo" se mi consentite il termine.
Tra due vie, è naturale scegliere quella più facile. Cosìccome tra due giochi. Come pure tra leggere Tre metri sopra il cielo e qualche romanzo di Kafka, per dirne uno. Ma sta a noi "adulti" (vabbè, io non mi ci sento) spegnere la televisione o la play per far giocare i bimbi a dama!
In ogni caso siamo sempre là: Biuso ha rigettato l'uso del televisore. Nessuno è obbligato a gaurdare per forza la televisione.
Ormai non spero più in un intervento "dall'alto" che ponga una regolamentazione allo schifo televisivo.
Ma in ogni caso, per lo più ognuno ha quel che si merita. E noi abbiamo la televisione berlusconiana.
Come ebbe a dire una volta Kent Brockmann (il conduttore del tg dei Simposon): "l'ho detto e lo ripeto: la democrazia semplicemente non funziona".

Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)
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