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hooverine
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Regione: Italia


83 Messaggi

Inserito il - 05/02/2005 : 19:37:10  Mostra Profilo Invia a hooverine un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ETNAFEST – ALTRE VOCI, ALTRE STANZE


Lun 7 Febbraio Larsen feat. Julia Kent & Matt Howden + Sieben – ITA/USA/GB

opening Diane and the shell

ore 22 – ingresso €3,00

MercatiGenerali, S.S. 417, Km.69 – Catania





LARSEN nasce a Torino nel 1993. Il gruppo riesce a suscitare interesse e ad attirare l'attenzione della critica specializzata sin dai primi lavori.

"No arms No legs : Identification Problem" (disco di debutto) esce nel 1997, ma è con "Rever" [2002] prodotto da Michael Gira, leader degli Swans e titolare della label Young Gor Recs, che si affermano in maniera definitiva all'interno di quel calderone che è la scena del rock sperimentale internazionale. Inoltre la particolarità di questo disco è il metodo di registrazione piuttosto originale: Gira comunicava esclusivamente tramite "audio", non potendo mai relazionare in maniera diretta col gruppo.

Il loro suono spazia da atmosfere ipnotiche, tese, piene d'ansia, malinconiche, a scenari sonori frammentati e potenziali colonne sonore. Proprio nell'ambito audiovisivo si affermano vincendo con "Cartoanimalettimatti" il primo premio al festival di nuove colonne sonore per vecchi film muti Harlock/Rimusicazioni, musicando i cartoni animati di Windsor McCay. La colonna sonora è inclusa in uno dei loro dischi recenti: "MUSM" (2003). Il momento favorevole è sancito anche dal magazine inglese The Wire che dedica una retrospettiva alla band.

Oggi i Larsen hanno all'attivo numerosi live (sia in Europa che in America) al fianco di bands come Einsturzende Neubauten, Neurosis, Thalia Zedek, giusto per citarne qualcuno.



Il loro ultimo lavoro discografico "Play" è prodotto dalla label americana Important Records, ed è impreziosito da collaborazioni di artisti quali Matt Howden e Julia Kent.

Le sonorità di Play e i processi compositivi di questo disco rivelano come i Larsen abbiano approfondito in maniera quasi maniacale il lavoro di perfezionamento di quegli "orizzonti sonori" che si scorgevano nei dischi precedenti.

Una mescidanza di minimalismo, chamber/post - rock, sperimentalismo e avanguardia. Concetti che si manifestano a partire dagli strumenti utilizzati (harmonium, xilofoni, violoncello, viola, fisarmonica) e che si concretizzano nelle dilatazioni delle atmosfere sonore - senza banali esplosioni "rockettare" - ma in uno spazio collocato al confine di una dimensione sonora onirica ed eterea, che conduce l'ascoltatore in una sorta di trance emotiva.





D: Ascoltando PLAY si ha come l'impressione di partecipare all'ascolto di una probabile colonna sonora. So che avete avuto esperienze anche in questo campo: quanto reputi possa essere influente l'approccio visivo alla composizione dei brani e al loro sviluppo ?



R: Sono in molti e noi tra gli altri a riconoscere alla musica di Larsen qualità cinematiche. Quando componiamo la nostra preoccupazione principale è quella di delineare delle atmosfere prima ancora che definire delle melodie o delle strutture. In questo indubbiamente seguiamo più una metodologia visiva che una prettamente musicale.





D: Da MUSM a PLAY : ho notato affinità di struttura tra brani come "Sinking of Louisiana e "How a mosquito operates", e il repertorio di Play. Puoi definire un' ideale linea evolutiva che descriva come siete arrivati all'attuale stato compositivo?



R: Siamo sempre più interessati ad una musica dilatata e curvilinee, come dicevo prima atmosferica anche se nel prossimo album (che uscirà in estate) i brani avranno più la parvenza di canzoni.



D: Restando su PLAY, a voler essere minuziosi -com'è tipico di un intervistatore- troverei tracce di influenze estendibili anche a certe manifestazioni del chamber rock e post-rock della scena canadese: ad esempio: Silver Mt.Zion, Godspeed You Black Emperor, -ma anche gli statunitensi Tortoise- e in genere quel movimento (che a torto) è definito post(umo)-rock. Risposte (anche polemiche) al riguardo?



R: Non abbiamo nulla a che vedere col post rock, musica che trovo in linea di massima piatta e poco emozionale, e che inoltre comunque rimane spesso rock ed a volte, peggio ancora, jazz. Credo che quello che facciamo abbia molto più a vedere con certo minimalismo di personaggi come Charlemagne Palestine o Tony Conrad, e in una certa misura con alcune strutture kraut. Soprattutto trovo nella nostra musica un grande senso dello spazio, in questo si riconoscono affinità con i gruppi canadesi della Constellation, ma di sicuro non con i Tortoise, se proprio vogliamo cercar dei nomi direi piuttosto Stars of the Lide e Labradford. E non venitemi a dire che sono post perché al limite sono, loro come noi, pre.



D: Qualche indiscrezione su ciò che pensi dell'attuale scena italiana "sperimentale"?



R: Di musicisti interessanti ce ne sono parecchi, un esempio su tutti è Bar La Muerte, ma manca completamente un mercato che li/ci sostenga.



D: La batteria non sembra quasi mai essere eccessivamente influente o elemento caratterizzante, a volte si può avere l'impressione che paradossalmente sia elemento di "disturbo". Riconosci un affermazione del genere o pensi che sia solo un elemento soggettivo?



R: Diciamo che la batteria è solo uno degli elementi che concorre alla struttura del brano. Il Bue ha uno stile estremamente personale e minimale, lontanissimo dai cliché del batterista rock classico, eppure incredibilmente potente quando necessario. Non sono quindi particolarmente d’accordo con la tua affermazione anche perché troverei molto difficile stabilire un gerarchia” degli strumenti all’interno della musica di Larsen, che vedo invece come una convergenza di diversi elementi e dettagli che vanno a dipingere il quadro finale.



D: Puoi raccontarci qualcosa sulla registrazione di Rever, sai non capita tutti i giorni di leggere storie simili....



R: No basta!!!



D: Un ultima domanda inerente anche Catania. Come forse saprai la città in passato è stata – e continua ad esserlo in misura minore nonostante il periodo non sia uno dei più favorevoli- fucina di numerosi fermenti musicali legati all’area del rock sperimentale indipendente, al pari di altre città d’Italia. Oggi vive una sorta di stagnazione musicale e culturale, nonostante si continui a lavorare, anche organizzando rassegne come questa, per mantenere vivo l’interesse verso certe realtà musicali. Da osservatore esterno qual è la tua ipotesi riguardo questi fenomeni negativi? Pensi ci sia una sorta di “crisi” generale che abbracci l’intero suolo italico? C’è un motivo perché la gente diserta un certo tipo di concerti?



R: Tra le varie cose di cui mi occupo c’è anche l’organizzazione di concerti e tour e mi scontro quindi quotidianamente, sia come musicista che come agente, con queste realtà. E ad essere sincero non sono ancora riuscito a trovare delle risposte logiche e valide. Il mercato musicale si sta disintegrando giorno dopo giorno. La gente è sempre più abituata a vivere la musica come sottofondo e non come elemento costituente e per l’appunto prodotto. Perché pagare per qualcosa che puoi avere gratis non solo poiché reperibile on line, ma anche come continuo white noise televisivo, radiofonico, ed ora anche telefonico? Prova a dire che vivi o cerchi di vivere di musica e comunque ti verrà chiesto qual è il tuo lavoro, proprio perché la musica, il disco ed il concerto non vengono visti come prodotto di un processo lavorativo e che come tale è influenzato e influisce sul mercato. Anche lo sterile dibattito sul costo elevato dei CD ne è un sintomo. I dischi costano il giusto prezzo e tra tutti i vari prodotti sono tra quelli che hanno subito meno aumenti negli ultimi anni, ma la gente si chiede perché mai 45 minuti di musica debbano costare 18 euro, in fondo sono solo 45 minuti di musica, e non pensano ai costi di registrazione, distribuzione, promozione, etc. etc. Onestamente non credo ci sia una possibile soluzione se non forse contrastare il fenomeno circoscrivendolo il più possibile limitando il raggio d’azione anziché cercando di ampliarlo, e lavorare nel e sul piccolo, l’underground come strategia di mercato ancor più che come estetica.



Giuseppe Schillaci



Sieben è il one-man-show di Matt Howden, cantante e violinista. Le canzoni sono suonate live, senza basi preregistrate. Il violino è suonato e mandato in loop, con ulteriori sovrapposizioni di voce e violino. Sieben si è esibito in Belgio, Danimarca, Germania, Olanda, Italia, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Tra gli altri, Matt Howden ha suonato con Cello (POR), Chris Eckman (The Walkabouts, USA), Faith and the Muse (USA), Hekate (DE), Of the Wand and the Moon (DK), L’Ame Immortelle (DE), Raindogs (POR), Shock Headed Peters (UK), Spiritual Front (IT). Ha inciso quattro album da solista usciti col nome di Matt Howden: Intimate & Obstinate (Redroom, 1999), Hellfires (Redroom/Worldserpent, 2000), Redroom (Redroom/World Serpent, 2001), Voyager (Amplexus, 2004). Ha composto musiche per cortometraggi, programmi televisivi, compagnie di danza, e un soundtrack cd per accompagnare un libro edito dalla Tartarus Press.



www.matthowden.com





I Diane and Shell nascono come trio nell'inverno del '97 orientati musicalmente verso sonorità indie-rock; nel '99 il gruppo realizza un "demo" subito prima di fermarsi per un break circa di due anni.



Nell'agosto del 2003 è stato registrato "the red EP" (primo disco "ufficiale"), uscito nel mese di febbraio 2004 sotto etichetta EdWood Records, e distribuito in Italia dalla romana Goodfellas.

Concetti rimarcati nell'EP : suggestione visiva e richiamo, a volte, ad ambientazioni dismesse, malinconiche. Linee melodiche di basso e chitarra minimali, fittamente intrecciate nel progressivo reitarsi ossessivamente all'interno dei brani. Batteria secca e lineare. Glockenspiel sintetico che dischiude paesaggi sonori. Sonorità caratterizzate da progressioni costruttive minimali. Armonie "confortevoli", calde, non banali, intime soprattutto.

Suggestione visiva, cadenze ritmiche ipnotiche, assenza di fronzoli, ricerca di impatto emotivo. L'uscita del disco è stata accompagnata dal tour italiano e da una data in U.K. [for more info about gigs see our website]



Attualmente la ricerca del gruppo si muove verso l’approfondimento del proprio stile, ben delineato, incisivo. Ricerca che parte dall'introduzione di nuovi elementi e strumenti: piano, violino, elettronica lo-fi, e altro ancora.

Recentemente uno sguardo a suoni ispirati dalla "stereotipata" visione occidentale dell'estremo oriente, influenze in chiave seventies.

Prevista x i primi mesi del 2005 l’uscita del nuovo lavoro discografico prodotto dalla Eaten By Squirrels.





I Diane and the Shell sono (in ordine alfabetico) :

Alessandro Munzone, Giuseppe Schillaci, Luca Siracusa.











Info Band :

www.dianeandtheshell.net

contact@dianeandtheshell.net

Giuseppe Schillaci - Via Assisi, 1 - 95039 Trecastagni (CT)

Tel. +39.347.6449472



Label, Press Agency :

www.eatenbysquirrels.org

eatenbysquirrels@aliceposta.it



°QUANDO E COME NASCE IL GRUPPO?

Il gruppo nasce nell'inverno del '97 proiettandosi inizialmente, verso
solide timbriche scansionate e scarne sonorità, trovando quasi subito piena
ispirazione, nella piacevolezza strumentistica e nella voglia di musica
che
ci ha sempre uniti.
Dopo un break di due anni (che ha maturato le noste visioni personali),
abbiamo ripreso a suonare e nel frebbraio del 2004 è uscito "The red ep" il
nostro primo disco.

°C'è UNO STILE BEN PRECISO SUL QUALE SI PLASMANO I VOSTRI SUONI? QUALCHE
INFLUENZA BEN DELINEATA?

non penso ci siano stili o profonde impregnanze armoniche che
influenzano il
nostro modo di percepire e di concepire musica, sicuramente l'ascolto di
certa "robba" indie-rock di stampo americano o alcuni sperimentalismi
post-fluxus si sono comunque
impressi nei meccanismi strutturali di ciò che produciamo, ma siamo sempre
attirati essenzialmente da ciò che ci rimanda curiosità e nella possibilità
di incastri melodici con altri strumenti di qualsiasi specie.

°ASCOLTANDOVI SI PERCEPISCE UNA SORTA DI SCARNEZZA COMPOSITIVA VOLUTA,
CHE A
VOLTE SEMBRA CONTRASTARE UN Pò CON LE LINEE MELODICHE DEI BRANI, PERCHè
QUESTA SCELTA?

è ciò che vogliamo, siamo particolarmente colpiti dalla possibilità di
assemblaggi compositivi diversi e disparati, avvolte può anche essere
semplicemente la casualità d'improvvisazione, che ci porta secondo gusti
personali, ad intendere e a lasciare qualche struttura interna non
elaborata, ma cercando anzi di farla confluire con la sua natura,
nell'impostazione generale di ciò che abbiamo appena fatto.

°PROGETTI FUTURI?

stiamo lavorando al prossimo disco e abbiamo appena inserito il violino
come strumento definitivo con cui ridefinire brani e crearne dei nuovi,
comunque siamo aperti ad ogni tipo d'interazzione con altre intermittenze
strumentali, come il pianoforte o semplificazioni campionistiche...










ài èm an àrtist! ài nìd mài intellèctual fridom!
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