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Biuso
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Inserito il - 26/10/2004 : 13:38:03
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Impiegate bene il vostro tempo, non guardate la tv e leggete Céline. Ad esempio, "Mort à crédit". Un testo che non narra né commenta la vita, la storia, il tempo ma dimostra quanto gli esseri umani siano –come si legge nel "Voyage" - «semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi» (Viaggio al termine della Notte, Corbaccio). Una volta entrati nel puro ritmo che è la scrittura di Céline, a poco a poco si penetra –fino a sprofondare- nell’epica allucinazione che è la vita, nel delirio del grumo di tempo che si è, nella comprensione esaltata e senza speranza dell’esistere. Davvero «è il nascere che non ci voleva» (i brani sono tratti dalla trad. di G. Caproni, pubblicata dal Corbaccio). Una volta nati, la solitudine ci accompagna per sempre (l’incipit del romanzo è «Eccoci qui, ancora soli»), insieme alla marmaglia «orribile, rumoreggiante» che ci circonda da ogni parte, insieme alle menzogne del Futuro individuale e collettivo («L’ho pur visto arrivare il Progresso…ma sempre senza trovare un posto…Tornavo ogni volta a casa bischero come prima…»), insieme all’orrore del quotidiano con la nostra «schifa d’una troia d’esistenza».
Sono tre i nuclei narrativi che nel romanzo scandiscono l’inganno. La famiglia, con tutta la sua retorica del sacrificio e della gratitudine, con il ricatto insostenibile del volersi bene. Il soggiorno in Inghilterra, nel “Meanwell College”, con la parodia feroce di ogni istituzione educativa. L’incontro e gli anni con Courtial des Pereires, il paradossale ma profondo affetto che lega Ferdinand a quest’uomo eloquente e spregevole, sognatore e imbroglione, grande e infimo allo stesso tempo. Nello scienziato-inventore-esploratore-divulgatore Courtial sembra che si sia decuplicato il demente furore di Bouvard e Pécuchet, il bulimico bisogno di parlar di tutto, di tutto sperimentare, di non lasciare in pace nessun sapere, di occupare tutti gli spazi dell’erudizione…per scoprire, infine, che dove manca una natura adeguata, nessun apprendimento può sostituirla e si rimane sempre meschini e ignoranti come alla nascita.
Oltre Flaubert, oltre Baudelaire, il vero alter ego di Céline rimane Proust. Le visite d’infanzia alla zia Armide sono una chiara parodia di quelle a tante Léonie; Courtial paga per farsi frustare, allo stesso modo del Barone di Charlus; sia Proust che Céline sono consapevoli di “avere del cuore” «ma la vita mica è una questione di cuore». E in “Albertine disparue” (Gallimard) Proust osserva che «les deux plus grandes causes d'erreur dans nos rapports avec un autre être sont avoir soi bon coeur ou bien, cet autre être, l’aimer». E per entrambi altro gli umani non possono fare che «divertirsi con la propria morte mentre uno sta fabbricandosela, ecco tutto l’Uomo, Ferdinand!».
La morte che non è mai gratuita e alla quale bisogna presentare «un bel sudario tutto ricamato di storie. È esigente, l’ultimo respiro». La morte che viene descritta in tutta la sua potenza e con accenti di straordinaria pietà –pietà continuamente intrecciata al sarcasmo, un infinito disprezzo che è sempre unito a un’altrettanto infinita comprensione delle debolezze umane- in una delle pagine fondamentali del libro:
«Ah, è terribile però…hai voglia d’esser giovane quando t’accorgi per la prima volta…come la gente la si perda per via…compagni che non rivedremo più…mai più…che son scomparsi come tanti sogni…che tutto è finito…svanito…che anche noi ci perderemo così…un giorno ancor molto lontano…ma ineluttabilmente…nello spietato torrente delle cose, delle persone…dei giorni…delle forme che passano…che non si fermano mai…»
Céline s’è «abbuffato d’infinito», dell’infinito che è l’enigma osceno dell’esistenza, ed è quest’infinito che ci regala attraverso la sua scrittura trafelata e sapiente, plebea e coltissima, partecipe del mondo e disgustata del suo Male.
agb Sed omnia praeclara tam difficilia, quam rara sunt. (Spinoza)
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Cateno
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Inserito il - 27/10/2004 : 17:08:55
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Eh, a me fa male leggere certe cose! Ad ogni modo, prima di tentare di rispondere bene all'argomento, volevo porle una domanda: come mai quell'inizio contro la tv? Ricordo bene cosa disse durante le lezione e che per lei la tv è "il mostro", ma perché ha cominciato così proprio quest'intervento?
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Biuso
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Inserito il - 27/10/2004 : 18:27:49
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Domanda interessante. E la risposta non è una sola.
- In generale, consiglio ogni volta che posso l’attività della lettura. Tommaso da Kempes afferma che «in omnibus requiem quaesivi et nusquam inveni nisi in angulo cum libro»…
- In particolare, la tv mi sembra l’esempio massimo di quella volgarità che Céline coglie nella vita, negli individui, nelle loro relazioni. Quasi tutto ciò che passa da quella scatola è manipolato, menzognero, stupido, direi “osceno” proprio nel significato céliniano.
- Rispetto alla dolente verità delle riflessioni di Céline, la tv è il dominio della rappresentazione sulla realtà, la confusione costante dei due livelli fino alla loro totale compenetrazione, che cancella i limiti del sé e del mondo, del vero e del falso. Fra tutte le forme dello spettacolo contemporaneo è soprattutto la televisione a costituire l’ininterrotto discorso che la folla solitaria e i suoi padroni intrattengono su se stessi, il dominante specchio autoelogiativo di un sociale divenuto autistico e totalitario. Un’immensa allucinazione collettiva sembra fare del mezzo televisivo il suo stesso scopo. Tale spettacolo, scrive efficacemente Guy Debord, «est le soleil qui ne se couche jamais sur l’empire de la passivité moderne. Il recouvre toute la surface du monde et baigne indéfinitement dans sa propre gloire» (“La société du spectacle”, Gallimard 1967, aforisma 13).
- Mentre i romanzi di Céline raccontano e dimostrano la negatività dell’esserci, la passività televisiva è inseparabile da una positività del tutto inventata. Ciò che appare in televisione non solo esiste più di ciò che non appare ma è anche il bene per definizione. Il monopolio dell’apparire è diventato il monopolio dell’essere e del valore fino al punto che non apparire equivale a non esserci. Un mondo sempre più virtuale sembra mostrare evidenti le tracce del profondo nichilismo che lo attraversa. Ancora Debord: «le spectacle est le mauvaise rêve de la société moderne enchaîné, qui n’exprime finalement que son désir de dormir» (af. 21). Non a caso, la maggior parte delle ore che non sono lavoro viene ormai trascorsa davanti alla televisione, che anche John Condry definisce «una ladra di tempo» (in Popper-Condry, “Cattiva maestra televisione”, Reset 1994, pag. 32).
- Naturalmente, sarebbe bene evitare di passare troppo tempo anche davanti allo schermo di un computer per dedicarsi invece alla lettura che non è un dialogo con un libro o il suo autore ma prima di tutto con noi stessi.
agb Sed omnia praeclara tam difficilia, quam rara sunt. (Spinoza) |
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Pr0f3
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Inserito il - 28/10/2004 : 02:13:08
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Tra i miei tanti buoni/cattivi maestri ho avuto il piacere di leggere e amare in toto anche F. Cèline. Era l'idea venutami lei mi ha anticipato. E' semplicemente straordinario. Consiglerei, per chi ha volontà di leggerlo e assimilarlo, Mea Culpa. A presto coi commenti.
"Solo lo stupido non cambia" |
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Cateno
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Inserito il - 06/11/2004 : 10:01:26
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«Ah, è terribile però…hai voglia d’esser giovane quando t’accorgi per la prima volta…come la gente la si perda per via…compagni che non rivedremo più…mai più…che son scomparsi come tanti sogni…che tutto è finito…svanito…che anche noi ci perderemo così…un giorno ancor molto lontano…ma ineluttabilmente…nello spietato torrente delle cose, delle persone…dei giorni…delle forme che passano…che non si fermano mai…» Queste parole fanno davvero male. Queste parole sono tanto crude e poetiche quanto vere e brutali. Queste parole, non voglio dirlo, ma mi fanno venire voglia di piangere e di chiudermi per sempre a casa. Due mesi fa, in una sorta di giornalino che faccio uscire nel mio paese, scrissi: “La Morte è un invito: andate, parlate con tutti, non fermatevi ad ascoltare le oche che starnazzano ma trascinatele a voi, dichiarate a tutti il vostro Amore, accettate tutti gli odi ma mutateli in speranza, telefonate agli amici tralasciati per non curanza, danzate per le strade, mangiate, bevete, vivete, amate amate amate! E invece… invece che succede? Ho una lacrima nel dirlo. Una lacrima ipocrita. Succede questo: nulla. L’invito è vano, la vita è inautentica. Siamo troppo abituati e disabituati alla sconcertante, avvilente, impronunciabile possibilità dell’impossibilità dell’esistenza: la Morte.” Mi rammarico di non aver avuto modo di leggere Céline. Tuttavia, volevo dire, vi sono delle esperienze che ti fanno dire: “Sono cambiato, c’è ancora speranza”. Da bravo scout, sono stato sei giorni sull’Etna in compagnia di altri 25 scout, molti dei quali saranno davvero compagni che non rivedrò mai più, che non avevo mai visto prima, perfettamente sconosciuti. Tutta ragazzi che valeva la pena di conoscere e con molti dei quali ho stretto profonda amicizia. In particolare sono due le cose che mi hanno colpito: una ragazza che, potenza delle donne, mi ha fatto promette (benché io odi le promesse) che mi sarei impegnato ad agire; e un capo, Angelo, disabile, con seri problemi al movimento. Ebbene, quest’ultimo ha camminato assieme a noi; tra dolori di schiena atroci e gambe traballanti che spesso lo sgambettavano sulla nera lava, costui con estremo sacrificio ha camminato, cantava!, correva perfino ed in ogni momento ti faceva pensare a quanto sacrificio (parola che egli usava spesso) ci volesse per vivere e tuttavia gioire in quelle condizioni. La mia speranza, alla quale già celebravo le onoranze funebri, sembra rinata. Non tutta l’esistenza è una “schifa troia”. Molta lo è, siamo d’accordo, ma ho conosciuto ragazzi pronti ad ascoltare, a “servire” (nel senso di essere utili e di essere “servi”) non motivati da pura appariscenza ma da voglia di felicità per sé e per gli altri e lo dico per certo perché anch’io mi sento così. C’è un motto scout (scusate ma sono preso da questa esperienza) che recita: “Lascia il mondo sempre un po’ migliore di come lo hai trovato”. E c’è un altro motto che mi ha detto recentemente mio nonno: “Nautri hama a ‘llassari sciavuru”, cioè noi dobbiamo lasciare una scia di profumo dove passiamo. Sono cose che tutti dovremmo sempre tenere a mente. Altro che televisione! La televisione è ladra di tempo; il tempo non è denaro; il tempo se ben impiegato può essere felicità. È troppo difficile dire cos’è quel tutto che è la felicità; ma sicuramente non è la tv o il mondo inventato della tv. Ho visto la felicità e l’ho toccata una sera con questi miei nuovi amici, cantando, abbracciandoci, aiutando un ragazzo che si era fatto male alla caviglia a portare il pesantissimo zaino, a dividere un po’ della mia acqua con una ragazza che l’aveva dimenticata, a cucinare assieme a un ragazzo che forse non vedrò mai più, a svegliarmi alle sei di mattina mentre tutti dormono e scoprire che il nostro rifugio è circondato dai maiali (e non scappavano neanche se li inseguivi!), a guardare le stelle senza le luci delle città... Cosa c’è di spettacolare in questo? Cosa c’è di televisivo? Dove sono le telecamere dell’isola dei famosi quando il sentiero finiva e restava la dura lava? Dove sono gli ospiti fasulli di buona domenica quando giocavamo la sera con scioglilingua o canzoncine stupide? Leggiamo, ha ragione il prof Biuso, leggiamo e non perdiamo tempo. Ma, mi permetto di aggiungere e credo di non dire cose contrarie agli insegnamenti del prof, che il nostro dialogare con noi stessi non sia fine a se stesso! Che il nostro dialogare con noi stessi sia all’insegna (devo smetterla di leggere Heidegger!) del nostro cooriginario essere-con-gli-altri al fine di avere cura degli altri in maniera autentica!
Spero che il mio afflato scoutistico non sia stato pensante. Propongo addirittura una cosa: perché non ci organizziamo e ci facciamo qualche giorno, anche solo un week-end, in questo modo? Magari sull’Etna oppure dove volete voi. Qui intorno è pieno di posti fantastici. Potremmo addirittura farlo qui, a Regalbuto, percorrendo il perimetro del lago! A presto!
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Sinclair
Nuovo Utente
Regione: Italia
Città: Catania
10 Messaggi |
Inserito il - 10/11/2004 : 15:49:39
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Per Cateno:
quote:
vi sono delle esperienze che ti fanno dire: “Sono cambiato, c’è ancora speranza”.
Non tutta l’esistenza è una “schifa troia”. “Nautri hama a ‘llassari sciavuru”, cioè noi dobbiamo lasciare una scia di profumo dove passiamo. Sono cose che tutti dovremmo sempre tenere a mente.
che il nostro dialogare con noi stessi non sia fine a se stesso! Che il nostro dialogare con noi stessi sia all’insegna (devo smetterla di leggere Heidegger!) del nostro cooriginario essere-con-gli-altri al fine di avere cura degli altri in maniera autentica!
Hai scritto cose bellissime. Magari risulterò banale nel dirlo, ma nonostante tutto credo che la vita vale la pena di essere vissuta; la morte invece è un gran mistero e una risorsa forse (se anche ammettiamo la tragicità dell’esistenza, scrive Baudelaire: “Au fond de l’Inconnu pour trouver du nuoveau!”, “Le Voyage”, in “Les fleurs du mal”,CXXVI). Io comunque vedrei la questione in modo dialettico -oltre pessimismo ed ottimismo, evviva la contraddizione!- fermo restando che leggendo in futuro Céline potrei convenire con lui e tanti altri nell’ ammettere che “è il nascere che non ci voleva”.
quote:
“Ho visto la felicità e l’ho toccata una sera con questi miei nuovi amici, cantando, abbracciandoci, aiutando un ragazzo che si era fatto male alla caviglia a portare il pesantissimo zaino, a dividere un po’ della mia acqua con una ragazza che l’aveva dimenticata”.
Forse basta questo per poter dire che ne vale la pena, o almeno io voglio crederlo e agire di conseguenza. Scrivo questo perché lotto costantemente, come forse tutti, con quella parte di me che invece spesso condivide la weltanschauung di Céline.
“Il tutto è un indovinello,un enigma, un mistero inesplicabile. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio sembrano i soli risultati delle nostre più accurate indagini intorno a quest’argomento. Ma tale è la fragilità della ragione umana e tale l’irresistibile contagio dell’opinione, che anche questo dubbio deliberato può essere difficilmente sostenuto. Non cerchiamo oltre e, opponendo una specie di superstizione all’altra, abbandoniamole tutte alle loro querele. Noi, mentre dura la loro furia e la loro contesa, rifugiamoci felicemente nelle calme, sebbene oscure, regioni della filosofia”. ( Hume, chiusa dei “Dialoghi sulla religione naturale”).
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