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 Il festino

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Biuso Inserito il - 21/02/2008 : 08:52:03
Salone Crt - Milano
IL FESTINO
di Emma Dante
Con: Gaetano Bruno
Regia di Emma Dante
Produzione: Compagnia Sud Costa Occidentale. In collaborazione con Festival delle Colline Torinesi, Nuovo Teatro Nuovo
Fino al 24 febbraio 2008



Un corpo appare. In mezzo a luci e a palloncini. Si muove in modo del tutto innaturale e a poco a poco svela la propria natura di doppio. È Paride, che racconta del suo gemello Jacopo sulla carrozzella -«io ero il corpo e lui la mente»-, del padre che li ha abbandonati, della madre. Paride è solo, in compagnia delle scope alle quali ha dato un nome ed è con esse che festeggia il compleanno suo e del gemello. Ma al centro c’è un regalo-bara rosso. La formula evangelica -«thalita kuum», alzati e cammina- mette in piedi solo le scope.

L’opera di Emma Dante è da sempre intessuta di una fisicità violenta, rigorosa, raffinata. Gli attori della Compagnia Sud Costa Occidentale ritengono che «non siamo noi che dobbiamo pensare, ma il nostro corpo e comunque sia tutto questo non ci riguarda. Crediamo nel movimento. Tutto si trasforma, muore e prende forma. Questo comporta un utilizzo del corpo ed una coscienza del ritmo “viva”. Danzare senza farlo; come fanno i gatti quando rincorrono una preda o come fanno le mucche quando ruminano o un uomo quando inciampa».
Tutto questo va avvicinandosi sempre più al teatro della crudeltà di Artaud. L’artificiosa posizione dell’attore all’inizio dello spettacolo, la sua voce in falsetto, la personificazione erotica degli oggetti, la torta-sangue con la quale si conclude il festino, costituiscono l’espressione esterna di una autentica disperazione. Che cosa, per Emma Dante, è senza speranza? La famiglia. Dalla madre idrovora e incestuosa di Vita mia ai genitori indifferenti e avidi del Festino, la famiglia si rivela il luogo della menzogna e dell’assenza.
Protagonista unico è l’eccellente Gaetano Bruno -«un ricercatore di baricentri»-, il cui corpo sembra ad un certo punto davvero diventare due figure nello spazio.

Tutto sotto il segno, come sempre, della parola-corpo. L’epigrafe al testo è tratta dal Vangelo di Matteo. Ma la sintesi di questo modo di concepire e fare teatro potrebbe essere l’incipit giovanneo, il Verbo che si fa Carne, alla lettera.




agb
««Per lætitiam...intelligam passionem qua mens ad majorem perfectionem transit»
(Spinoza, Ethica, III, XI, Scholium)

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