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 Il Dioniso di Walter Otto

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Biuso Inserito il - 14/05/2004 : 17:31:30
Sul mio sito ho aggiornato il libro del mese. Stavolta consiglio Dioniso. Mito e culto di Walter Friedrich Otto, un bellissimo e ormai classico studio del 1933.
Solo qualche citazione-assaggio da questo testo per indurvi a leggerlo, magari insieme al Dioniso di Kerényi, del quale abbiamo già parlato nel forum.

«Il dio, sebbene figuri come una personalità possente, pure in ultima analisi è tutt’uno con lo spirito e con la forma, e quindi con tutto l’essere di quel regno che governa» (p. 198).

Esiodo (Theog, 941) definisce Dioniso il ricco di gioia che là dove arriva trionfa. E tuttavia Dioniso è anche un dio sofferente, morente, dispensatore di tormenti e tormentato egli stesso, con il quale «la vita si trasforma in ebbrezza di beatitudine ma anche (…) in ubriacatura di terrore» (84) in una mistura inseparabile di «pienezza di vita e violenza di morte» (149).

Dioniso appartiene ai due regni dell’umano e del divino, lui nato due volte –la prima generato da Persefone, la seconda concepito da Semele e poi cresciuto nella coscia di Zeus-, lui dallo sguardo estatico e dal sorriso che sconcerta, maschera enigmatica che «lo insedia potentemente, ineluttabilmente, nella presenza, ma al tempo stesso lo sottrae in una lontananza indicibile» (97), lui che quando appare scatena il frastuono più frenetico e poi –di colpo- il più impietrito silenzio. Coloro che gli stanno vicino –le Menadi, i fedeli, il toro, il capro, l’asino- condividono il duplice destino di euforia e di spasimo. Ma più di tutti è Arianna a farsi una sola cosa con lui, vivendo la massima felicità e i più strazianti dolori, Arianna che Otto definisce con l'espressione «Afrodite umana» (194).

È Dioniso per primo a soffrire «gli atti spaventosi che compie» (113), a essere vittima di se stesso e a portare con sé distruzione, sin da quando Zeus incenerì Semele che lo aveva in grembo, sin da quando nella forma taurina venne sbranato dai Titani.

I due fratelli –Dioniso e Apollo- regnano insieme a Delfi e dominano insieme sul mondo perché «il regno olimpico s’innalza al di sopra dell’abisso terrestre, la cui onnipotenza esso ha infranto. Ma la stirpe dei suoi dei è scaturita essa stessa da quelle profondità, e non rinnega le sue cupe origini: essa non sarebbe se non esistesse quella notte eterna davanti a cui Giove stesso si inchina (…) Sono riuniti in Apollo tutto lo sfolgorio del mondo olimpico e i regni contrapposti dell’eterno trascorrere e dell’eterno divenire: Apollo con Dioniso, con l’ebbra guida delle ridde del mondo terrestre –avremmo così la dimensione totale dell’universo!» (217).

La tragedia attica è il luogo in cui questa straordinaria intuizione vive ancora e per sempre. Nella teofania della tragedia Nietzsche comprese l’unità dei due fratelli signori del cosmo perché «solo dall’essenza stessa del mondo può venirci la luce» (51).

Infine, ho inserito non la copertina del libro ma un busto di Dioniso che ho fotografato all’Altes Museum di Berlino (uno dei musei più belli d’Europa). Il sorriso che vi traspare è davvero magnifico e inquietante…


agb
È una vela la mia mente, prua verso l'altra gente, vento, magica corrente... (Battisti-Mogol)

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