V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Cateno |
Inserito il - 18/10/2004 : 17:07:32 Ciao a tutti, cari colleghi e amici del forum. E salve anche a lei, prof Biuso. Vi sono mancato? Molto vero? Eh sì, lo immagino, dato che anch’io non so stare un secondo senza di me. Dopo questa lunga assenza ho deciso di tornare e trono con Spinoza. Bel tema, vero?
Il “Trattato teologico-politico” di Spinoza dovrebbe essere inserito, se non completamente almeno alcune sue parti, nei programmi delle scuole elementari. Esagero? Forse no. A parte la chiarezza, ciò che colpisce è la saggia e attuabilissima tolleranza che Spinoza propone. Ebbene, concentrandomi solo sui primi quindici capitoli, la tolleranza di Spinoza è vana senza il sostegno delle opere. Per lui, la fede è una ed uno solo il credente, cioè “tutta la Legge consiste solo nell’amore verso il prossimo” (cap. XIV) e “un uomo crede a qualcosa piamente o empiamente soltanto nella misura in cui dalle sue opinioni egli è spinto all’ubbidienza o da esse prende licenza a peccare o a ribellarsi” (cap. XIII). A Spinoza sta a cuore fondamentalmente questo: che ciascuno obbedisca alla Legge e che creda di Dio ciò che vuole o meglio che ciascuno adatti i dogmi della fede “alla sua capacità e ad interpretarseli nel modo in cui gli sembra di poterli abbracciare più facilmente, senza alcuna esitazione, ma con il consenso totale dell’animo” (cap. XIV). L’obbedienza è qualcosa che tutti possono attuare, senza bisogno di particolari conoscenze o speciale acume. Ognuno può credere quello che vuole ma ad una condizione, cioè l’accettare che “esiste un Ente supremo che ama la giustizia e la carità, e al quale tutti gli uomini, per essere salvi, devono ubbidire adorandolo con la pratica della giustizia e della carità” (cap. XIV). Ma Dio non importa, almeno da questo punto di vista, cosa realmente sia; può essere fuoco, luce, pensiero, spirito, ecc; Spinoza mette addirittura tra le cose che non hanno niente a che vedere con la fede se “Dio governi le cose liberamente oppure per necessità”; inoltre il premio dei buoni e il castigo dei cattivi possono essere intesi sia come naturali che soprannaturali. Come vedete, la libertà è ampissima. Io lo farei studiare ai bambini così da farli uscire da una visione cristiana che spesso li pone a considerarsi inevitabilmente dalla parte del “vero” contro tutti gli altri poveri miscredenti. E pure lo esporterei! Lo farei studiare in ogni angolo del mondo. Affinché con Spinoza possa esaudirsi la preghiera finale del “Fedro”: datemi di esser bello dentro e quel che ho di fuori sia d’accordo con le cose di dentro. A patto però che le cose che ho di dentro siano la giustizia e la carità. Voi che ne pensate?
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1 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
Biuso |
Inserito il - 21/10/2004 : 16:33:09 quote:
Ciao a tutti, cari colleghi e amici del forum. E salve anche a lei, prof Biuso. Vi sono mancato? Molto vero? Eh sì, lo immagino, dato che anch’io non so stare un secondo senza di me. Dopo questa lunga assenza ho deciso di tornare e trono con Spinoza. Bel tema, vero?
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Voi che ne pensate?
Discutere di Spinoza –leggerlo, meditarlo- è qualcosa che giustifica da solo il possesso di una mente pensante. Grazie, quindi, a Cateno per il suo intervento. Ha ragione Giorgio Colli quando introducendo l’«Etica» sostiene che questo libro richiede lettori adeguati e con molto tempo a disposizione (e quindi non alla rincorsa di “crediti universitari”…) ma in cambio svela l’enigma di questa nostra vita e dà serenità ai giorni. E anche il TTP è un’opera di straordinario valore. Fra l’altro, con essa hanno origine le moderne scienze bibliche.
Per quanto riguarda la politica, Spinoza ritiene come Hobbes che lo stato di natura sia il “bellum omnium contra omnes” nel quale «il diritto di ciascuno si estende fin là dove arriva la sua forza» ma, contrariamente al filosofo inglese, propone un sistema politico caratterizzato dalla tolleranza, dalla libertà e dalla partecipazione di tutti alla gestione del potere. Il “pactum unionis” –il contratto che dà origine allo stato civile- è finalizzato alla sicurezza e alla libertà di tutti i cittadini. Parte della sicurezza è la libertà di espressione garantita a tutti. Infatti, non potendo le autorità reprimere il pensiero ma solo la sua pubblica manifestazione, ogni controllo condurrebbe all’ipocrisia: la gente penserebbe una cosa e ne direbbe un’altra. Lo stato sicuro è anche laico, ammette tutte le religioni e tutte le concezioni del mondo, persegue le azioni, non le idee. La religione, infatti, consiste nell’obbedienza etica, nel fare il bene al prossimo e non in questa o in quell’altra forma del culto. La religione è finalizzata a tale obbedienza. La filosofia, invece, è finalizzata alla libera ricerca della verità.
Che l'uomo aspiri alla felicità è uno dei fondamenti dello spinozismo. «Tutte le cose che noi onestamente desideriamo si riducono soprattutto a queste tre: intendere le cose nelle loro cause prime, dominare le passioni, ossia acquistare l'abito della virtù, e infine vivere in salute e in tranquillità» (Trattato teologico-politico, Einaudi, pagg. 81-82). Sono tre obiettivi strettamente interdipendenti. Vivere in salute fisica e in tranquillità di spirito è possibile per il socratico Spinoza a condizione di acquistare l'abito della virtù, cioè col sottomettere la pratica di ogni tipo di passione alla comprensione intellettuale di esse; in definitiva lo scopo unico, «la vera felicità e la beatitudine di un uomo consiste soltanto nella sapienza e nella conoscenza della verità» (pag. 79). Per chi indirizza la propria vita alla comprensione della struttura invisibile ma realissima dell'essere, il controllo dei desideri e la tranquillità dell'animo diventano un naturale postulato e insieme un corollario della vita mentale. Intendere le cause prime e oltrepassare lo spessore irriverente e ribelle delle cose è tutt'uno poiché chi possiede la causa è certo padrone di ogni anche lontano effetto, ed è in grado di determinarsi in maniera assolutamente libera e controllata solo chi sa di essere inserito nella più ferrea ma impersonale e gioiosa necessità cosmica. La felicità non può più essere scalfita dagli eventi ma soltanto dalla perdita di controllo del sé profondo. La felicità, in altre parole, è diventata imperturbabile. Neanche gli accadimenti più drammatici -la malattia, la morte, l’abbandono della persona amata- possono agitare e sconvolgere il livello inattingibile dell'ego filosofico. Esso non è più l'io incerto e interrogante della quotidianità urbana. È l'io solitario e freddo degli orizzonti metafisici. La nostra mente in quanto intende e non patisce è un modo eterno del pensare, che a sua volta è determinato da un altro modo eterno e così nella serie delle cause fino a quando l'insieme degli enti e delle loro connessioni costituisce l'eterno e infinito intelletto di Dio.
Bellissimo.
agb Sed omnia praeclara tam difficilia, quam rara sunt. (Spinoza) |
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